A Fermo Koinè Journal parla di riforma della Giustizia con relatori d’eccezione: “Sotto tiro il bilanciamento dei poteri che regge fin dal Settecento”

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Ieri è andato in scena presso l’Auditorium S. Filippo di Fermo la conferenza organizzata dai ragazzi e dalle ragazze di Koinè Journal per parlare di riforma della giustizia. L’iniziativa è stata supportata da Elsa Macerata, ANM, Ordine degli Avvocati e patrocinata dal Comune di Fermo, e ha visto la partecipazione di tre importanti relatori: il professore di diritto costituzionale all’Università di Macerata Giovanni Di Cosimo, il Procuratore di Ascoli Piceno Umberto Monti, il Presidente della Camera Penale di Fermo Simone Mancini e il giornalista di Articolo 21 Maurizio Blasi.

L’obiettivo della conferenza era quello di trattare nella maniera più chiara e obiettiva possibile l’importante tema della riforma della giustizia, che minaccia di capovolgere l’assetto della normativa giuridica, ma anche di alcuni importanti principi democratici, come quello secolare della separazione dei poteri, che in democrazia regge grossomodo dal Settecento, quando venne introdotto dal filosofo Montesquieu.

Ad aprire le danze, per offrire una panoramica accademica sulla vicenda è il prof. Di Cosimo, che interpellato sulla possibile incompatibilità istituzionale della Riforma risponde: “É di certo possibile, e in certi casi anche auspicabile, modificare la Costituzione in materia di ordinamento della magistratura. Quindi non deve essere un tabù. Non dobbiamo però nascondere l’impatto fortissimo di questa riforma, qualora passasse, sulla configurazione dei poteri.” Aggiunge poi netto intervenendo nel dibattito anche mediatico: “Ritengo che non sia la prima delle urgenze in materia di riforma della giustizia, ci sono altri problemi, molto più impellenti.”

Interviene poi il dott. Monti, procuratore di Ascoli Piceno, che analizza il tema, per lui preoccupante, della separazione delle carriere, una tematica presente ormai da decenni nel dibattito pubblico, e cara al Piano di Rinascita Nazionale elaborato da Licio Gelli, capo della loggia eversiva massonica P2: “La separazione delle carriere è presentata come una cosa salvifica, invece è esattamente l’opposto. Si tratta di una riforma che creerebbe un unicum non solo in Europa, ma nel mondo delle democrazie liberali. Si rischia di sottoporre il potere giudiziario alle pulsioni dell’esecutivo. Quale vantaggio porta? Perché questa ossessione? L’unica motivazione possibile è quella di voler sottoporre un potere indipendente e autonomo come quello della magistratura a quello politico, un rischio che francamente in democrazia non possiamo permetterci, e al quale dobbiamo opporci”.

A ribattere è il dott. Mancini, presidente della Camera Penale, che risponde cercando di evidenziare i vantaggi dell’eventuale riforma e di rasserenare gli animi a proposito della volontà dell’esecutivo di controllare il potere giudiziario: “Nessuno intende sottoporre il Pubblico Ministero al potere dell’esecutivo. La riforma dell’articolo 104 prevede e assicura l’indipendenza della magistratura come potere autonomo. Non vedo disegni criminosi, ma intenzioni riformiste.”

A concludere poi la serata è Maurizio Blasi, giornalista di lungo corso ora in Articolo 21, che chiosa caustico: “Credo che la separazione delle carriere sia una sciagura.” Aggiungendo poi un suo pensiero sul contesto più generale dell’attuale situazione politica, mettendo in guardia da un disegno ben più ampio di quello della sola modificazione dell’apparato costituzionale in materia di giustizia: “Io credo che sia sotto tiro il bilanciamento dei poteri che regge fin dal Settecento, dai tempi di Montesquieu. Bisogna unire i puntini, non concentrandosi solo sulla riforma unica della giustizia. Bisogna pensare al premierato, alla legge bavaglio, alla separazione delle carriere, al DDL sicurezza. Solo con questo quadro completo possiamo renderci conto di ciò che sta succedendo. Non si può immaginare una democrazia corporativa.”


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