Si chiamavano Mauro Zearo e Giuseppe Tagliapietra. 63 e 25 anni. Friulano il primo, veneto il secondo. Sono morti nelle stesse ore, a 220 chilometri di distanza. Zearo è deceduto dopo l’arrivo in ospedale per le gravissime lesioni riportate. Schiacciato da un muletto. Il giovane Tagliapietra era impegnato a spostare un bancale di finestre, quando all’improvviso il carico gli è piombato addosso. Non si conoscevano ma oggi i loro nomi sono affiancati nelle pagine dei giornali e nei servizi dei tg. Quei pochi che ne danno notizia. Mauro e Giuseppe, le ultime vittime di un lunghissimo bollettino di guerra quotidiano, quello delle morti sul lavoro.
Sono 680 dall’inizio dell’anno rivela l’Anmil, che celebra la 74esima giornata nazionale per le vittime sul lavoro. 23 decessi in più del 2023. Come se ogni anno svanisse dalla carta geografica un piccolo comune italiano. Oltre mille morti all’anno. Nelle fabbriche, in agricoltura. Molti dei quali prodotti dal sistema del subappalto e della logica degli appalti al massimo ribasso. La sicurezza subordinata alla competitività.
“Ad oggi la sicurezza nei luoghi di lavoro non riceve la giusta considerazione” ha dichiarato il Presidente Nazionale ANMIL Emidio Deandri. Ed è tempo di concentrare l’attenzione sulla tutela delle vittime del lavoro che viene regolata da una normativa che risale al 1965 e che per questo deve essere assolutamente rivista, per evitare che rimangano indietro intere famiglie che si ritrovano ad affrontare disabilità, dolore e difficoltà”.
“Ogni giorno – afferma Bruno Giordano, magistrato, già Capo dell’Ispettorato nazionale del lavoro – il lavoro in Italia non solo uccide almeno tre persone ma ferisce circa 2.000 lavoratori, cioè 2.000 famiglie”.
Dalla ThyssenKrupp ad oggi ci sono stati oltre 20 mila morti sul lavoro e 10 milioni di feriti. La più grande tragedia civile italiana.