Salvini e il Far West

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E’ troppo facile prendersela con Salvini per le parole pericolose, criminogene, che ha nuovamente adoperato sui social per commentare la donna che schiaccia ed uccide con la propria macchina l’uomo che l’ha derubata poco prima (“Questo dramma, però, è la conseguenza di un crimine: se l’uomo che ha perso la vita non fosse stato un delinquente, non sarebbe finita così”).

E’ troppo facile rincarare la dose di indignazione per queste parole incendiarie e demolitrici di quel poco che resta di Stato di diritto mettendo insieme a questo post da far west quelli che seguono e che inneggiano alle nuove norme penali conquistate dalla Lega in Parlamento, che prevedono il carcere per chi occupa una casa, per chi protesta sedendosi in strada, per la possibilità di chiudere in carcere donne incinte o con figli piccolissimi in un crescendo di esuberanza razzista, nemmeno ben mascherata.

E’ più difficile riflettere sul fatto che un politico che scrive, dice e pensa queste cose abbia su IG due milioni e trecentomila follower, abbia rappresentato il 30 % dell’elettorato e si sia messo, per un certo periodo, il Paese nelle mani, restando comunque sulla cresta dell’onda da anni e occupando ruoli istituzionali apicali.

E’ più difficile riflettere su quanto siano grandi i danni prodotti da uno Stato che ha sì la più bella Costituzione del mondo, ma che fa fatica a realizzarla in uno dei suoi fondamenti ovvero rendere giustizia.

Far funzionare la giustizia è essenziale per difendere la legalità costituzionale, la libertà dell’individuo e l’uguaglianza sostanziale ed invece la giustizia in Italia funziona male, è talmente risaputo che non fa più notizia.

Giustamente le opposizioni a questo Governo di eredi-al-quadrato (del Duce e di Berlusconi) stanno mettendo in evidenza a tutti i livelli il dramma delle persone che rinunciano a curarsi perché la sanità pubblica è al collasso e mancano i soldi per ricorrere a quella privata, bisognerebbe parimenti riuscire a stimare quanti cittadini rinunciano a far valere i propri diritti attraverso la Giustizia perché non ci credono più, perché temono cause civili che durano anni, perché non hanno i soldi per pagare l’accertamento della verità.

Con una differenza drammatica tra chi rinuncia alle cure, ammalandosi peggio e morendo prima del tempo e chi rinuncia alla giustizia dello Stato: chi rinuncia alla giustizia dello Stato, capita che in questo Paese incappi in un’altra “giustizia”, che non è quella divina, ma che è quella mafiosa.

Le mafie da sempre ed ancora oggi, al Nord come al Sud, sono anche un succedaneo della Giustizia dello Stato, una “giustizia” che mai ha a che fare con la verità e con i diritti, ma che ha più prosaicamente a che fare con le ragioni del più forte, che mette a tacere il più debole e risolve il conflitto in un batti baleno. Le cronache di questi anni, anche nel mio Piemonte, sono piene di fatti del genere: il mafioso è ancora “uomo di pace” oltre che “uomo d’onore”.

Ho ancora nella testa lo sfogo durissimo della Procuratrice di Ivrea, dott.ssa Viglione, che ha competenza, tra l’altro, sulla strage di Brandizzo e che nel primo anniversario della tragedia che ha spazzato via la vita di cinque operai che lavoravano sulle rotaie del treno, ha dichiarato che piuttosto che continuare a lavorare nelle condizioni frustranti ed indegne in cui sono costretti per mancanza di personale e di risorse, sarebbe meglio chiudere la Procura e tanti saluti.

Uno Stato di diritto che non riesce a fare giustizia è uno Stato di diritto morto.

Le forze di opposizione sarebbe bene che si chiarissero le idee su questo punto e lo inserissero senz’altro tra le priorità che servono per salvare il Paese da questa deriva illiberale, autoritaria, classista e xenofoba: salute, scuola, lavoro, ambiente, diritti … e giustizia!

E forse anche la magistratura costituzionalmente orientata sarebbe bene che avesse uno scatto di reni ulteriore, perché non basta denunciare i tentativi evidenti del Governo di piegare indipendenza ed efficienza della funzione giurisdizionale, ritagliando contemporaneamente un perimetro di impunità per chi esercita il potere, bisogna anche dare pubblica prova di aver le volontà e la forza autonoma per annichilire ogni “sistema-Palamara” ed ogni forma di illegittima accondiscendenza nei confronti del potere politico o di altre fonti di potere che non siano la legge.

Ci si potrebbe confortare pensando che la presidente Giorgia Meloni di follower su IG ne ha tre milioni e mezzo, oltre un milione in più di Salvini (!) e che la sua cultura, come non manca di ricordarci la sua sodale Chiara Colosimo, presidente della Commissione anti mafia, è imbibita del culto di Paolo Borsellino, ma temo cascheremmo male. Perché questa destra di eredi-al-quadrato quand’anche abbia in testa una certa idea di Stato-che-fa-lo-Stato, non si ispira a De Gaulle ma al Marchese del Grillo.


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