Sembra questo in sintesi il giudizio espresso dall’CSPI (Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione) sullo schema di decreto ministeriale che aggiorna le Linee guida per la scuola in materia di “Educazione Civica”.
La frase finale del parere, obbligatorio ma non vincolante, esprime tutta la tensione tra un doveroso contegno istituzionale ed una contenuta insofferenza professionale:
-
In relazione alle numerose e rilevanti criticità evidenziate e alle osservazioni formulate, il CSPI non può esprimere un parere favorevole sullo schema di decreto in oggetto e invita l’Amministrazione a rivederlo alla luce delle argomentazioni fin qui illustrate.
E davvero in sette pagine di commento allo schema di decreto voluto dal Ministro il CSPI non risparmia critiche che farebbero arrossire il più impudente degli allievi beccato impreparato agli esami di Settembre.
Il fuoco di fila colpisce tanto le intenzioni generali manifestate nello schema di decreto quando, per esempio, il CSPI sottolinea come il precedente decreto ministeriale (35 del 2020) andasse tanto bene e non richiedesse rivisitazioni radicali, ma soltanto qualche aggiornamento, quanto la forma del testo accusato di confondere “traguardi”, “obiettivi”, “competenze”, attribuzioni a questo o quel ciclo di studi. In un crescendo imbarazzante per chiunque abbia a cuore la Repubblica e quindi la scuola, ben sintetizzato nella frase:
Il testo delle nuove Linee guida risulta in alcuni passaggi appesantito, anche da espressioni retoriche, in maniera poco funzionale allo scopo di accompagnare le istituzioni scolastiche nella costruzione del curricolo di Educazione civica
Gli affondi sul contestato “programma” per l’Educazione civica a trazione Valditara sono molti e di alcuni si è ampiamente parlato, come per esempio i riferimenti a Patria, nazione, appartenenza, di altri invece meno. Si trova, tra l’altro, un commovente riferimento all’insegnamento della cultura di impresa e della valorizzazione della proprietà privata che suona come un tributo postumo al nume tutelare della destra di Governo (l’altro nume tutelare) e cioè Berlusconi. Per la cronaca anche su questo punto il CSPI interviene impietoso con la matita blu.
Ma c’è un “errore” segnalato dal CSPI apparentemente meno clamoroso, ma in realtà molto più grave e non soltanto perché rivela un approccio illecito ed irrispettoso alla scuola italiana ma soprattutto perché evidenzia una irriducibile contrapposizione culturale all’interno delle forze di maggioranza che è destinata a deflagrare, complici anche i conti in rosso, naturalmente.
Ecco il passaggio: “Si suggerisce di evitare nel testo, nel rispetto dell’autonomia didattica riconosciuta alle scuole, espressioni che diano l’idea di una certa prescrittività delle attività da porre in essere e dei temi da trattare (es. “si dovrà”, “occorre”, ecc.).”
Qui casca l’asino (nessun riferimento al Ministro naturalmente!): il richiamo del CSPI illumina e censura quella che appare come una incontenibile nostalgia per uno Stato nel quale la volontà di chi governa si trasferisca dal centro alla periferia al grido di “presente!”, senza dubbi e ritardi, soprattutto nella ferma ed omogenea educazione delle giovani generazioni. La scuola ed in particolare la definizione delle Linee guida per l’Educazione Civica sono effettivamente una occasione politico-simbolica imperdibile per guarire questa nostalgia di Governo-comandante ed il Ministro, a cui non difetta la prontezza di riflessi, l’occasione non l’ha mancata, forse in ossequio alla sua risalente militanza in AN. Con tanti saluti alla esaltata cavalcata leghista verso la secessione mascherata da autonomia differenziata. Anche se, quel che resta della democrazia liberale fondata su pesi e contrappesi, ha impedito al Ministro di sentire accolto il suo schema di decreto da un sonoro “A noi!” e lo ha costretto a sopportare un serrato ed impietoso confronto istituzionale e pubblico. Una buona lezione di educazione civica… per il Ministro!