L’ormai stagionato énfant-prodige della politica francese ha impiegato quasi due mesi per decidere. C’erano le Olimpiadi, certo. Ma in realtà ha atteso che venisse a galla, deresponsabilizzandolo, quella che a lui probabilmente appare come una verità inconfutabile: le elezioni saranno state anche vinte dal Nuovo Fronte Popolare, ma il vero arbitro della partita è il Rassemblement National di Marine Le Pen, il grande partito neofascista contro il quale la Francia democratica aveva opposto un fronte unitario. Macron aspettava con ansia, immaginiamo, le parole del presidente del RN, il giovane franco-italo-algerino Jordan Bardella, che sono giunte puntuali dopo la nomina del nuovo primo ministro: «In politica, ora, niente si potrà svolgere contro di noi, senza l’approvazione del Rn».
Liberali e fascisti: un’alleanza naturale
La scelta di Macron stabilisce dunque un punto fermo: i liberali (tecnocratici, gaullisti, moderati) considerano l’ideologia lepeniana come un pericolo per la democrazia solamente quando il loro stesso potere ne è minacciato. Come è puntualmente avvenuto, se si vota per la massima carica dello Stato, allora ben venga l’aiuto dei “rossi”: vive le Front Républicain! Ma poi, seduto per un nuovo mandato sullo scranno più alto di Francia, ecco che diventa necessario allearsi con i fascisti e gli xenofobi del RN per fronteggiare l’unica vera, concreta minaccia agli assetti attuali della politica e dell’economia: la conflittualità sociale del Nuovo Fronte Popolare con i suoi sentimenti antifascisti.
Se ci fosse stata la necessità di un’ulteriore conferma di tale vicinanza tra destra estrema e destra tecnocratica, si direbbe proprio un’alleanza ideale ancorché non ancora pienamente formalizzata, scegliendo Barnier il Presidente Macron l’ha fornita a tutti. E ha permesso finalmente di capire che, anche quando le destre (europee, ma non solo), sembrano schierarsi dalla parte dei deboli, degli emarginati, del popolo minuto, anche allora – in realtà – flirtano e fanno affari con i banchieri, i burocrati, i tecnocrati, i miliardari, i padroni. È una banale spartizione del potere: semplice e chiara.
La France Presse ha raccolto, tra le tante interviste fatte tra la folla, l’opinione di una certa Alexandra, 44 anni, in piazza per gridare la sua rabbia: “Già da un po’ non siamo ascoltati quando scendiamo in strada e ora non siamo ascoltati neanche quando votiamo”.