Merci, Monsieur le Président!

0 0
Alla fine, sovvertendo l’esito delle elezioni, Emmanuel Macron ha scelto il gaullista Michel Barnier come Primo Ministro. La legge lo consentiva. La nomina insindacabile del capo del governo, a Parigi, spetta infatti al Presidente della Repubblica: tra le numerose prerogative dell’Eliseo, questa è una delle più importanti. Se volessimo utilizzare queste poche informazioni per farci un’idea delle implicazioni politiche del presidenzialismo – inteso come forma istituzionale – dovremmo attenerci ai fatti francesi. Il Presidente ha scelto un moderato, anche se non fa parte del “Nuovo Fronte Popolare”, il raggruppamento antifascista della variegata sinistra d’Oltralpe che ha vinto le elezioni legislative del 30 Giugno-7 Luglio. Poteva farlo e lo ha fatto.

L’ormai stagionato énfant-prodige della politica francese ha impiegato quasi due mesi per decidere. C’erano le Olimpiadi, certo. Ma in realtà ha atteso che venisse a galla, deresponsabilizzandolo, quella che a lui probabilmente appare come una verità inconfutabile: le elezioni saranno state anche vinte dal Nuovo Fronte Popolare, ma il vero arbitro della partita è il Rassemblement National di Marine Le Pen, il grande partito neofascista contro il quale la Francia democratica aveva opposto un fronte unitario. Macron aspettava con ansia, immaginiamo, le parole del presidente del RN, il giovane franco-italo-algerino Jordan Bardella, che sono giunte puntuali dopo la nomina del nuovo primo ministro: «In politica, ora, niente si potrà svolgere contro di noi, senza l’approvazione del Rn».

Liberali e fascisti: un’alleanza naturale
La scelta di Macron stabilisce dunque un punto fermo: i liberali (tecnocratici, gaullisti, moderati) considerano l’ideologia lepeniana come un pericolo per la democrazia solamente quando il loro stesso potere ne è minacciato. Come è puntualmente avvenuto, se si vota per la massima carica dello Stato, allora ben venga l’aiuto dei “rossi”: vive le Front Républicain! Ma poi, seduto per un nuovo mandato sullo scranno più alto di Francia, ecco che diventa necessario allearsi con i fascisti e gli xenofobi del RN per fronteggiare l’unica vera, concreta minaccia agli assetti attuali della politica e dell’economia: la conflittualità sociale del Nuovo Fronte Popolare con i suoi sentimenti antifascisti.

Se ci fosse stata la necessità di un’ulteriore conferma di tale vicinanza tra destra estrema e destra tecnocratica, si direbbe proprio un’alleanza ideale ancorché non ancora pienamente formalizzata, scegliendo Barnier il Presidente Macron l’ha fornita a tutti. E ha permesso finalmente di capire che, anche quando le destre (europee, ma non solo), sembrano schierarsi dalla parte dei deboli, degli emarginati, del popolo minuto, anche allora – in realtà – flirtano e fanno affari con i banchieri, i burocrati, i tecnocrati, i miliardari, i padroni. È una banale spartizione del potere: semplice e chiara.

Votare non serve
Intanto, come reazione al colpo di mano presidenziale, il 7 Settembre più di trecentomila persone, in tante città, hanno sfilato contro la decisione di Macron. Gli elettori del Nuovo Fronte Popolare hanno urlato il proprio dissenso e la loro ferma opposizione. Su un cartello c’era scritto: «vendesi tessera elettorale – motivo: l’ho usata ma non serve».
La France Presse ha raccolto, tra le tante interviste fatte tra la folla, l’opinione di  una certa Alexandra, 44 anni, in piazza per gridare la sua rabbia: “Già da un po’ non siamo ascoltati quando scendiamo in strada e ora non siamo ascoltati neanche quando votiamo”.
Ecco il punto-chiave dell’intera questione: tutte le democrazie sono in pericolo quando il gioco è truccato e quando ogni pensiero è accettabile, anche il più retrivo e razzista, a patto che l’unica visione a essere sempre esclusa, come in Francia è ormai palese, sia quella che vorrebbe rovesciare l’ordine del capitalismo, a partire dalla sue più profonde radici  reazionarie.

Iscriviti alla Newsletter di Articolo21