L’appello dei Costituzionalisti sulle gravi criticità della legge sull’autonomia differenziata (all’interno l’appello e le firme fin qui raccolte)

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Il 18 giugno un gruppo rilevante di giuspubblicisti ha inteso rendere pubblica la propria convinta adesione all’intervento di Liliana Segre al Senato della Repubblica contro il c.d. Premierato.

Nelle ultime 24 ore già oltre 100 professori e studiosi di diritto hanno ritenuto di sottoscrivere un appello (allegato) contro la cd. “legge Calderoli” (n. 86 del 2024) che si propone di dare attuazione all’autonomia differenziata con gravi distorsioni rispetto al dettato costituzionale.

  1. La legge Calderoli si apre con alcuni principi, definiti come “generali” cui ancorare la disciplina dell’’autonomia differenziata”, con ciò mostrando di intenderla come istituto di carattere generale e “ordinario” e non come un’eccezione così come vorrebbe l’art. 116 della Costituzione.
  1. “L’autonomia differenziata” dovrebbe essere realizzata con atto del Parlamento e in particolare con una legge approvata dalle Camere a maggioranza assoluta. La l. n. 86/24, invece, capovolge quei ruoli: conferisce al Governo un peso preponderante nella fase di definizione dell’intesa con le singole Regioni e riconosce al Parlamento solo il compito di “ratificare” quanto già deciso in sede governativa.
  1. Secondo Costituzione la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali (LEP) spetta al legislatore statale, con quel tipo di “competenza legislativa esclusiva” che vincola la competenza regionale in qualunque materia. La legge Calderoli invece, non solo ha attribuito ad atti del Governo la fissazione dei LEP, attraverso decreti delegati e atti amministrativi, ma ha perfino voluto sottrarre talune materie di competenza regionale all’osservanza dei LEP e quindi dalla garanzia dell’eguale tutela dei diritti su tutto il territorio nazionale.
  1. È del tutto assente una puntuale e complessiva valutazione dei costi dell’autonomia differenziata. L’idea che si tratti di una riforma a costo zero è priva di fondamento. Il calcolo dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e politici comporterà inevitabilmente lo stanziamento di un ammontare molto consistente di risorse per il loro finanziamento.
  1. Questa operazione è sin qui rimasta lettera morta e priva di una seria valutazione sul suo impatto sul livello complessivo della spesa pubblica. Non solo, ma c’è il rischio che una loro definizione inappropriata rischi di accentuare il divario tra Regioni ricche e Regioni povere, in assenza di garanzie certe circa l’istituzione di meccanismi di perequazione.
  1. L’equilibrio economico e finanziario è essenziale e i principi di perequazione previsti dall’art.119 Cost. vanno rispettati come principi fondamentali.
  1. Noi crediamo in un’autonomia regionale autenticamente realizzata, sulla base dei principi di di solidarietà e di leale collaborazione. I diritti civili, sociali e politici devono avere una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale. Differenziazioni ulteriori rispetto a quelle già esistenti sono certo possibili, ma solo se strettamente legate alle specifiche caratteristiche ed esigenze dei singoli territori senza mettere a rischio il principio di unità della Repubblica.

 

L’appello è ancora aperto alle sottoscrizioni di professori e studiosi di discipline giuridiche pubblicistiche

 

Appello sulle gravi criticità della legge sull’autonomia differenziata (n.86/24)

 La legge n. 86 del 2024 su “l’autonomia differenziata” delle Regioni presenta gravi criticità dal punto di vista costituzionale.

Questa legge è presentata come una legge di “attuazione costituzionale” dell’art.116, comma 3, Cost., disposizione aggiunta nel quadro della riforma del Titolo V della Costituzione approvata nel 2001, senza appropriato coordinamento con l’art. 117 Cost. Il testo è stato approvato da una maggioranza di centro sinistra ma è stato confermato dal successivo referendum.

I costituzionalisti si sono divisi nel giudizio su quella riforma ed in particolare sull’art.116 comma 3. Quella disposizione è stata giudicata discutibile dal punto di vista dell’ampliamento della articolazione delle competenze regionali ed anche per l’evidente contrasto con il primo comma dello stesso articolo (che impone la legge costituzionale per l’approvazione degli statuti speciali) e ritenuta preoccupante in chiave di eguaglianza e di parità tra cittadini nell’esercizio dei diritti costituzionali.

Oggi, un presunto intervento legislativo “di attuazione” come quello realizzato con la legge Calderoli risulta del tutto fuorviante rispetto ad una norma costituzionale, che si limita a prevedere “su iniziativa della Regione interessata” la possibilità di un limitato ampliamento dei poteri di una singola Regione per soddisfare specifiche esigenze territoriali e in via di eccezione rispetto alla disciplina del Titolo V della Costituzione.

La legge n. 86 del 2024, infatti, tende a porsi come una legge che definisce i principi, esplicitamente qualificati come “generali” (art. 1, co. 1), per “l’autonomia differenziata” delle singole Regioni, incentivandone l’adesione alle procedure di cui al terzo comma dell’art. 116 della Costituzione. La legge risulta così improntata ad un principio antitetico rispetto a quello del titolo V: sembra voler far diventare regola quella che nell’art. 116 è chiaramente concepita come eccezione.

Del resto, nell’esperienza costituzionale italiana anche la differenziazione delle competenze delle Regioni speciali è stata introdotta solo per le particolarità di situazioni politiche contingenti, tra l’altro caratterizzate da spinte secessionistiche. Quindi alla base di quelle autonomie speciali risulta chiaro un concetto di eccezione rispetto ad una regola che va in altra direzione.

Non c’è niente, nell’art. 116 ed in genere nel Titolo V che possa fornire base ad una legislazione che tende a costruire “l’autonomia differenziata” come una sorta di “principio generale”.

A questa distorsione di fondo si accompagnano altre forzature. Secondo Costituzione “L’autonomia differenziata” dovrebbe essere attuata con atto del Parlamento, e in particolare con una legge approvata a maggioranza assoluta, per evitare l’emarginazione delle forze politiche non appartenenti alla maggioranza di governo.

Con il pretesto di semplificare e di incentivare le “iniziative” delle singole Regioni, (ma in realtà complicando le cose contro lo spirito della Costituzione) la l. n. 86/24 conferisce al Governo un peso preponderante per giungere “all’autonomia differenziata”. I ruoli vengono capovolti: al Parlamento si riconosce solo il compito di “ratificare” l’”Intesa” con la Regione sostanzialmente decisa dal Governo.

Il Governo, oltre ad avere la guida dell’Intesa con la Regione, ha anche il ruolo di stabilire, prima con decreti legislativi delegati, privi peraltro di principi e criteri direttivi, i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) per la garanzia dei diritti civili e sociali, che dovrebbero vincolare, anche secondo la legge Calderoli, le Regioni pur dotate di “autonomia differenziata”.

Tutto questo sconvolge l’ordinato assetto delle fonti normative. Secondo l’art. 117, co. 2 lett. m) la determinazione dei LEP dei diritti civili e sociali spetta al legislatore statale, con quella competenza legislativa esclusiva che, per la giurisprudenza costituzionale, è una competenza “trasversale” in grado di vincolare la competenza regionale in qualunque materia.

A questo si deve aggiungere che la legge Calderoli non solo ha attribuito ad atti del Governo la fissazione dei LEP, ma ha perfino voluto sottrarre talune competenze regionali all’osservanza dei LEP dei diritti civili e sociali.

È doveroso inoltre sottolineare che manca un momento di chiara e complessiva valutazione dei costi dell’autonomia differenziata. L’idea che si tratti di una riforma a costo zero è priva di fondamento. In realtà il calcolo dei LEP concernenti i diritti civili e politici comporterà inevitabilmente lo stanziamento di un ammontare molto consistente di risorse per il loro finanziamento. Non a caso questa operazione è sin qui rimasta lettera morta, in assenza di una seria valutazione sul suo impatto sul livello complessivo della spesa pubblica. Non solo, ma, ove i LEP fossero davvero definiti, la loro attuazione accentuerebbe il divario tra Regioni ricche e Regioni povere, in assenza di garanzie certe circa l’istituzione di meccanismi di perequazione.

Tutto questo non ha nulla ha a che vedere con “l’autonomia differenziata” dell’art. 116 Cost. ma, prima ancora, non ha a che fare con un’autonomia regionale autenticamente realizzata.

Alla base dell’intera impalcatura del nostro regionalismo è posto un principio di solidarietà e di leale collaborazione. Il disegno che scaturisce da questa legge è diametralmente opposto. Spacca l’Italia: divide le Regioni e costruisce i presupposti per una diversificazione delle prestazioni essenziali garantite ai cittadini. Fonti autorevolissime (Banca d’Italia, Ufficio parlamentare di bilancio, sindacati ed associazioni laiche e cattoliche etc.) hanno affermato che l’autonomia differenziata è un modo per creare due Italie: una prospera e l’altra abbandonata a sè stessa, oltre a mettere a rischio il bilancio dello Stato e la stessa economia nazionale. Infine, uno Stato arlecchino renderebbe incerta l’interpretazione delle norme applicabili per le pubbliche amministrazioni, le imprese e i cittadini.

L’autonomia differenziata così deformata, avvicinerebbe le Regioni italiane a tanti piccoli Stati in competizione tra loro che rimetterebbero in gioco l’unità nazionale. L’art. 5 della Costituzione, nel riconoscere le autonomie, sancisce il principio dell’unità ed indivisibilità della Repubblica anche come corollario e presidio della tutela dei diritti fondamentali (art. 2), dell’eguaglianza (art. 3) e del principio lavoristico (art. 4).

La conseguenza inevitabile sarebbe il sacrificio dell’eguaglianza e dell’uniformità dei diritti politici, civili e sociali: in una parola dei diritti fondamentali dei cittadini. L’Italia per fortuna, non intende collocarsi in una simile prospettiva storica.

L’Italia, come altri Paesi Europei e Occidentali, ha invece esigenza di un sistema di autonomie che valga a rendere l’azione dei poteri pubblici più efficiente e più rispondente alle reali esigenze dei cittadini al fine di realizzare progressivamente l’effettiva eguaglianza e le pari opportunità di progresso sociale.

I FIRMATARI:

  • Enzo Cheli (vice Presidente emerito della Corte costituzionale)
  • Ugo de Siervo (Presidente emerito della Corte costituzionale)
  • Gaetano Silvestri Ugo (Presidente emerito della Corte costituzionale)
  • Vittorio Angiolini (Prof. di Diritto costituzionale – Università degli Studi di Milano)
  • Maria Agostina Cabiddu (Prof. di Ist. di Diritto pubblico – Politecnico di Milano)
  • Roberto Zaccaria (Prof. di Diritto costituzionale Università di Firenze)
  • Gaetano Azzariti (Prof. di Diritto costituzionale – Università “La Sapienza”)
  • Paolo Caretti (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Firenze)
  • Roberta Calvano (Prof. Diritto costituzionale – Unitelma Sapienza)
  • Massimo Villone (Prof. di diritto pubblico comparato -– Università “La Sapienza”)
  • Sergio Bartole (Prof. emerito di Diritto costituzionale – Università di Trieste)
  • Franco Bassanini (Prof. di diritto costituzionale – Università “La Sapienza”)
  • Federico Sorrentino (Prof. emerito di Diritto costituzionale – Università “La Sapienza”)
  • Domenico Sorace (Pro. Emerito Diritto amm. – Università di Firenze)
  • Francesco Pallante (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Torino)
  • Giovanna De Minico (Prof. di Dir. costituzionale – Università Federico II)
  • Gian Candido De Martin (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico – LUISS Guido Carli)
  • Ines Ciolli (Prof. di diritto costituzionale – Università “La Sapienza”)
  • Camilla Buzzacchi (Prof. Istituzioni Diritto pubblico – Università Milano Bicocca)
  • Roberto Romboli (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Pisa)
  • Enrico Grosso (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Torino)
  • Ernesto Bettinelli (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Pavia)
  • Maria Cristina Grisolia (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Firenze)
  • Mauro Volpi (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Perugia)
  • Barbara Pezzini Prof. di Diritto costituzionale – Università di Bergamo)
  • Giuditta Brunelli (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Ferrara)
  • Matteo Cosulich (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Trento)
  • Cesare Pinelli (Prof. di Diritto costituzionale – Università “La Sapienza”)
  • Enrico Cuccodoro (Prof. di Diritto costituzionale – Università del Salento)
  • Paola Piras (Prof. di Dir. Amm. – Università di Cagliari)
  • Saverio Regasto (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Brescia)
  • Laura Ronchetti (Prof. di Diritto costituzionale – Università del Molise)
  • Giovanni Moschella (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico – Università di Messina)
  • Margherita Raveraira (Prof. di Istituzioni di Diritto pubblico – Università di Perugia)
  • Angelo Schillaci (Prof. di diritto pubblico comparato -– Università “La Sapienza”)
  • Monica Bonini (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico – Università Milano Bicocca)
  • Claudio de Fiores (Prof. di Diritto costituzionale – Università della Campania)
  • Alessandra Algostino (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Torino)
  • Giulio Enea Vigevani (Prof. di Diritto Costituzionale – Università di Milano Bicocca)
  • Nicola Grasso (Prof. di Diritto costituzionale – Università del Salento)
  • Marina Calamo Specchia (Prof. di Diritto pubblico comparato – Università di Bari)
  • Andrea Cardone (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Firenze)
  • Donatella Loprieno (Prof. di Ist. di Diritto pubblico – Università della Calabria)
  • Giuseppe Di Gaspare (Prof. dir. pubbl dell’economia – LUISS Guido Carli)
  • Lorenzo Chieffi (Professore di Diritto pubblico e costituzionale – Università della Campania Luigi Vanvitelli)
  • Silvio Gambino (Pr di Diritto pubblico comparato – Università della Calabria)
  • Francesco Bilancia (Prof. di Ist. di Diritto pubblico – Università “La Sapienza”)
  • Andrea Guazzarotti (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico – Università di Ferrara)
  • Massimo Siclari (Prof. di Diritto costituzionale – Università Roma3)
  • Armando Spataro (magistrato)
  • Antonio Gusmai (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico – Università di Bari)
  • Marco Galdi (Professore di Diritto Pubblico – Università di Salerno)
  • Alessandra Valastro (Prof. di istituzioni di diritto pubblico – Università di Perugia)
  • Valeria Marcenò (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Torino)
  • Giuseppe Verde (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Palermo)
  • Davide Servetti (Prof. di Diritto costituzionale – Università Piemonte orientale)
  • Antonio Saitta (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Messina)
  • Paolo Scarlatti (Prof. di Diritto costituzionale – Università Roma Tre)
  • Alessandra Pioggia (Prof. di Diritto amministrativo – Università di Perugia)
  • Mario Alberto Quaglia (Prof. di Istituzioni di Diritto Pubblico – Università di Genova)
  • Matteo Losana (Prof. di Diritto costituzionale – Università degli Studi di Torino)
  • Anna Lorenzetti (Prof. di Diritto costituzionale – Università degli Studi di Bergamo)
  • Maurizio Pedrazza Gorlero (Prof. Onorario Dir. Cost. – Università di Verona
  • Antonio Cantaro (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Urbino)
  • Francesco Merloni (Prof. Diritto Amministrativo – Università di Perugia)
  • Eva Lehner (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Siena)
  • Andrea Lollo (Prof. Diritto costituzionale – Università di Catanzaro)
  • Leonardo Ferrara (Prof. Dir. Amm. – Università di Firenze)
  • Andrea Pugiotto (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Ferrara)
  • Antonio Ignazio Arena (prof. dir. Cost.- Università di Messina)
  • Salvatore Bonfiglio (Prof. Dir.cost. it e comp – Università Roma3)
  • Carla Negri (Ricercatrice di diritto costituzionale – Università di Palermo)
  • Gianluca Gardini (Prof. di Diritto amm. – Università di Ferrara)
  • Paolo Bianchi (Diritto pubblico comparato – Università degli Studi di Camerino)
  • Federico Losurdo (Prof. diIstituzioni di diritto pubblico – Università di Urbino Carlo Bo)
  • Auretta Benedetti (Prof. diritto amministrativo – Università di Milano Bicocca
  • Avv. Andrea Pierini (Prof. di dir. Pubbl. comp – Università di Perugia)
  • Roberto Cherchi (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Cagliari)
  • Alessandro Torre (Prof. di Diritto Costituzionale – Università degli Studi di Bari)
  • Angela Musumeci (Prof. di Diritto costituzionale it. e comp. – Università di Torino)
  • Alfonso Di Giovine (Prof. di Diritto costituzionale it. e comp. – Università di Torino)
  • Mario Perini (Prof. dir cost – Università di Siena)
  • Emma A. Imparato (Prof. di Diritto pubblico – Università L’Orientale di Napoli)
  • Antonio Mastropaolo (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico – Università della Valle d’Aosta)
  • Gennaro Ferraiuolo (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Napoli Federico II)
  • Anna Maria Lecis Cocco Ortu (Maîtresse de conférences en Droit public, Sciences Po Bordeaux)
  • Ugo Adamo (Prof. di Istituzioni di diritto pubblico – Università della Calabria)
  • Ilenia Massa Pinto ( di Diritto costituzionale – Università di Torino)
  • Giovanni Bianco (Prof. di diritto costituzionale – Università di Sassari)
  • Giacomo D’Amico (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Messina)
  • Stefano Civitarese Matteucci (Prof. Istituzioni dir. Pubblico – Università di Chieti-Pescara)
  • Luciana De Grazia (Prof. di Dir. Pubbl. comp. – Università di Palermo)
  • Fulco Lanchester (Prof. di Diritto costituzionale e comparato – La Sapienza)
  • Antonio Riviezzo (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Siena)
  • Gianmario Demuro (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Cagliari)
  • Marcello Salerno (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Siena)
  • Giovanni d’Alessandro (Prof. di Diritto pubblico – Università “Niccolò Cusano”)
  • Gianluca Famiglietti (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Pisa)
  • Michela Manetti (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Siena)
  • Massimo Carli (Prof. di istituzioni di diritto pubblico – Università di Firenze)
  • Maria Romana Allegri ((Prof. di Ist. di diritto pubblico – Università “La Sapienza”)
  • Roberto Borrello (Prof. di Diritto pubblico comparato – Università di Siena)
  • Chiara Cudia ( diritto amministrativo – Università di Firenze)
  • Riccardo Guastini (Professore emerito di Filosofia del diritto – Università di Genova)
  • Paola Marsocci ( di diritto costituzionale – Università “La Sapienza”)
  • Elisa Tira (Prof. Istituzioni di diritto pubblico – Università telematica eCampus)
  • Fabrizio Politi (Prof. di Diritto costituzionale – Università dell’Aquila)
  • Angelo Schillaci (Prof. di diritto pubblico comparato -– Università “La Sapienza”)
  • Paolo Zuddas (Prof. di Diritto Costituzionale – Università degli Studi dell’Insubria)
  • Elisabetta Frontoni (Prof. di Diritto costituzionale – Università degli Studi Roma Tre)
  • Gianni Serges (Prof.di Diritto Costituzionale – Università degli studi Roma Tre)
  • Ferdinando Pinto (Prof. di Diritto amministrativo – Università Federico II)
  • Anna Pirozzoli (Professore di Istituzioni di diritto pubblico – Università Niccoló Cusano)
  • Giuseppa Sorrenti (Prof. di Diritto costituzionale – Università di Messina)
  • Anna Alberti (Prof. di Ist. di Diritto Pubblico – Università di Sassari)
  • Enzo Varano (Prof. Diritto Comparato, Università di Firenze
  • Paolo Carnevale (Prof. di Diritto costituzionale – Università Roma3)
  • Anna Marzanati (Prof. di Diritto Pubblico – Università di Milano – Bicocca)

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