Ben distante dall’essere un mondano, il presidente brasiliano Lula conosce nondimeno il mondo ed è pragmatico, evita ogni moralismo e va diritto al pratico quotidiano. Dice: è dovere e convenienza di tutti essere grati alle donne e proteggerle, le istituzioni devono legiferare di conseguenza; ma la donna deve sapersi anche difendere da sola, studiando, formandosi così da rendersi economicamente indipendente. L’amore deve sgorgare da una scelta libera e consapevole, non dal bisogno di ricevere un piatto di zuppa da un marito risentito… Uno sguardo laico, il suo. Che non esprime simpatie di parte, né vuole andare necessariamente contro-vento. Basta per governare anche lo scandalo delle violenze di genere?
Non v’è dubbio che l’autonomia economica e culturale qualche sicurezza la garantisce. Eccome! Basta guardarci attorno. Luise Veronica Ciccone, famosa come Madonna, 66 anni, ha un compagno sentimentale giamaicano di 28, il calciatore e allenatore di soccer Akeem Morris, dal quale riceve esclusivamente ineccepibili attenzioni. Non è un esempio isolato. Né dell’antica società aristocratica e cortese sappiamo abbastanza per fare comparazioni. Certo è che nel passaggio a quella dei giorni nostri -industriale, borghese, consumista e avanzata- la varietà dei casi, per dirlo in modo gentile, non è sempre altrettanto felice.
Le notizie di femminicidi (brutto nome per un delitto dei più infami) sono uno stillicidio quotidiano nell’informazione d’ogni paese tra nuovo e vecchio continente. Reso maggiormente angoscioso da un contesto di violenze nei rapporti di genere diffuse in ogni strato sociale. Non meno crude e frequenti -comunque causa d’inatteso e profondissimo sconforto-, anche in ambienti politico-culturali elevati. (Le èlites?) Perfino tra i massimi protagonisti di governi nazionali. Recentissimi, quindi di stretta attualità, i casi che vengono dal Sudamerica non rivelano semplicemente un vizio americano.
Sono bensì costitutivi di vastissimi e affluenti circoli cosmopoliti. Testimoniano il riaffiorare generalizzato di un’antropologia malata, con tutte le ipocrisie della vecchia società dell’onore e della vergogna peraltro sfrontatamente negate da una disinvoltura senza principi, al momento di affrontare la verità. Norbert Elias aveva avvertito che andava dissolvendosi il progetto di civilizzazione delle pulsioni primarie. E Georg Simmel ha chiamato a risponderne la “modernità”, il suo modello di mercificazione d’ogni bisogno, che lascia sfrenare il nostro desiderio fuori dal rapporto tra il singolo e tutti gli altri, disumanizzandolo.
Lo stesso presidente brasiliano -l’altro giorno-, dev’avere avuto un tuffo al cuore dallo scandalo sessuale deflagrato sotto il suo naso tra due dei ministri più noti del governo. Anielle Franco, 39, sociologa e titolare dell’Uguaglianza Razziale, sorella di Mariel, assassinata per la sua militanza in favore del diritto alla bisessualità, ha accusato il responsabile dei Diritti Umani, Silvio Almeida, 48, di averle infilato una mano tra le gambe, sussurrandole fantasie erotiche. Il ministro è un prestigiosissimo avvocato afro-brasiliano, filosofo e docente universitario. Che nega tutto disperatamente.
Ferme e numerose le donne che lo accusano. Tra loro un’altra accademica, Isabel Rodrigues, candidata alle elezioni municipali di San Paolo, che ha denunciato su Instagram una storiaccia analoga e non meno ricca di precisi dettagli che risalirebbe a 5 anni addietro. A Lula non è rimasto che sospenderlo immediatamente da ogni incarico di governo. Multietnica e pluriculturale, educata come poche altre a un rapporto spontaneo con il proprio corpo e la natura, la popolazione brasiliana vive liberamente la propria sessualità. Questa vicenda, però, campeggia in tutti i notiziari radiotelevisivi, su ogni giornale, con pochi pruriti ma il massimo clamore.
Nient’affatto minore di quello sollevato in Argentina e nell’intero continente dalla denuncia pubblica delle reiterate violenze domestiche che Fabiola Yañez, 43, avrebbe subito nel corso degli anni dal marito, l’ex (fino al gennaio scorso) capo dello stato, Alberto Fernandez, 65. La giustizia deciderà. Intanto, dalla Spagna in cui ha cercato rifugio, lei mostra i lividi e i suoi familiari aggiungono particolari scabrosi che dimostrerebbero la reiterazione di queste ed altre sopraffazioni; lui si difende presentando testimonianze secondo cui la consorte si sarebbe lasciata distrarre “dall’alcol e altre amicizie”. Ennesima prova che anche il più misero privato è irrimediabilmente politico.
Ma neppure personaggi (Tiberio, Caligola) e scenari (Capri, Roma imperiale) ben più grandiosi e suggestivi, come quelli che la storica inglese Mary Beard presenta per rievocare criticamente l’antichità classica, si sottraggono alla loro arida decadenza. Lasciando spazio alla più furibonda ancorché sterile lotta politica. Come accade ancora adesso (in Argentina l’iper-liberista Javier Milei, successore e avversario del peronista Fernandez, moraleggia a briglia sciolta su media e teleschermi d’un paese che boccheggia…). Mentre Dante, nel suo Purgatorio (XI), attribuisce alla superbia certi peccati di concupiscenza (“… superbia fa, che tutti miei consorti ha ella tratti seco nel malanno”), ormai compresi nei codici penali. Da Freud a Christofer Lash, quella superbia sarebbe divenuta il nostro odierno narcisismo, con le sue pulsioni di morte e l’ossessivo bisogno d’immediatezza che porta solo nel vicolo cieco dell’insoddisfazione permanente.