La Nuova Sardegna resti a Sassari

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L’ appello che di seguito pubblichiamo è stato sottoscritto da un centinaio di intellettuali, giornalisti, scrittori, lettori perché il quotidiano di Sassari la Nuova Sardegna possa continuare ad essere stampato a Sassari. Da alcuni giorni la proprietà ha deciso di farlo stampare nel centro editoriale di proprietà dell’editore concorrente Sergio Zuncheddu, a Cagliari, con gravi disagi soprattutto per i lettori

Le forze politiche democratiche dell’isola, ma, più di loro, tutti i sardi che abbiano

ancora un briciolo di orgoglio per quei simboli che lungo tre diversi secoli

ne hanno accompagnato la vita, devono opporsi all’ultimo affronto ai loro danni:

il trasferimento del centro stampa del quotidiano La Nuova Sardegna da Sassari a

Cagliari.

Dal 17 settembre e a 133 anni dalla nascita, lo storico giornale sassarese,

fondato da un illuminato gruppo di intellettuali repubblicani verrà stampato

nell’area industriale del capoluogo, in un impianto partecipato da una società del

gruppo Unione Sarda, giornale concorrente, controllato dall’editore & costruttore

Sergio Zuncheddu.

La decisione è stata presa dagli attuali proprietari e gestori della Nuova, gli

azionisti di Sae Sardegna. Ultima di una serie di provvedimenti che impediscono

di pensare a un qualsiasi futuro di rilancio. Prepensionamenti, incentivi alle

dimissioni, ricorso alla cassa integrazione per redattori e tecnici, vendita di locali

e impianti, cessione di servizi, mancati investimenti e altre misure negative che

lasciano intuire quali siano le intenzioni. Finora il progressivo impoverimento

del quotidiano è stato giustificato, all’interno, con l’impossibilità di rinnovare

macchinari obsoleti e con l’alibi di un processo che vede la carta stampata messa

in difficoltà dall’avanzata del web: come se il giornalismo indipendente e la buona

editoria dovessero obbligatoriamente sparire con la trasformazione dei mezzi di

produzione. In realtà si prefigura per i media dell’isola il ritorno a un monopolio,

come avvenuto negli anni Settanta, all’epoca della Sir di Rovelli, proprietaria di

entrambe le testate. Scenario intollerabile, soprattutto se si pensa al patrimonio

di storia e cronaca, piccola e grande, che La Nuova rappresenta e si ricorda che

finora soltanto il fascismo riuscì a chiuderla. Scenario pericoloso che fa intravvedere

possibilità di concentrazione e controllo/censura in un momento storico in

cui gli intrecci tra politica e impresa si fanno sempre più stretti e meno limpidi, in

cui è quotidiana la critica alla stampa più vigile, e nel quale, infine, è sempre più

difficile per un cittadino distinguere le differenze di valori e strategie tra gli eletti

chiamati a rappresentarlo.

Meno informazione uguale maggiore libertà d’azione per i gruppi di potere.

Questa equazione non fa bene alla democrazia.

Dimostriamo, sottoscrivendo questo appello, che è un’equazione sbagliata.


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