Il Piano Draghi omette un dettaglio: la fiducia tra Stati europei

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Il Piano Draghi omette un dettaglio: la fiducia tra Stati europei. Che manca. E se non c’è quella, non può esserci il debito comune necessario per finanziare il rilancio dell’Europa. I Paesi con i conti a posto (”’frugali”), infatti, non vogliono essere coinvolti da quelli con un debito pubblico enorme (noi), perché sanno che l’onere della garanzia delle emissioni di titoli comunitari cadrebbe quasi per intero su di loro. Draghi fa attenzione ad evitare colorazioni politiche al suo studio, ma un richiamo ”di sinistra” c’è: senza un benessere diffuso rischia anche la democrazia, perché la disuguaglianza diffonde la povertà, che è ‘’democraticida’’. E infatti il continente va a destra proprio perché il neoliberismo demonizza le tasse, strumento principale di redistribuzione della ricchezza. Tema, questo, sul quale Draghi avrebbe potuto lanciare una forte reprimenda nei confronti di quei paesi europei che giocano sporco con tasse basse per attirare le grandi multinazionali, danneggiando così il fisco degli altri Stati membri.

Insomma , il documento è ricco di sollecitazioni, ma rimane viziato dall’approccio improprio originario della UE. Ovvero che si sta insieme più per interessi, che per valori. Invece la competitività è un collante debole, che impedisce la cessione di sovranità necessaria per far evolvere l’Europa da aggregato economico, a federazione politica. Senza ritentare una Costituzione comune – fallita in una prima fase – l’Unione Europea sarà sempre ”incompiuta” – come l’ha definita Mattarella – perché senza anima.

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