Gennaro Sangiuliano doveva dimettersi già da giorni. La situazione dell’ex ministro era apparsa subito insostenibile e la bizzarra vicenda del ruolo attribuito a Maria Rosaria Boccia ha avuto la funzione di detonatore. Chissà se mai si capirà qualcosa di più o se tutto verrà sotterrato sotto specie di un’intrigante femme fatale. Del resto, siamo in un paese in cui vige la cultura patriarcale: la donna è tentatrice e inaffidabile. L’uomo è, al più, un ingenuo. Ma bravo ed onesto, come ha dichiarato Giorgia Meloni commentando la lettera di dimissioni di Sangiuliano. Non dimentichiamoci della sostanza e non rimaniamo all’accidente. Le dimissioni sono “il minimo sindacale”. Stiamo parlando di un doveroso bilancio dell’attività del MIC sotto il cielo bruno e nero della destra: tra il 3 e il 4, molto lontano dalla sufficienza. Da ultimo, il pasticcio del Tax Credit, vale a dire il vantaggio codificato per le imprese grandi e possibilmente sovranazionali. E poi, i numerosi passi falsi sui musei o sulle Fondazioni liriche. O, a maggior ragione, sul presunto e presuntuoso “cambio di narrazione”. Insomma, il destino ha decretato il pollice verso su un peccato forse persino minore di altri. Speriamo, tra l’altro, che la commissione parlamentare di vigilanza sanzioni l’inaudita intervista del direttore del Tg1 all’ex ministro, foriera peraltro di incalcolabili guai di immagine per chi doveva essere tutelato. Ora che giudizio dare del successore Alessandro Giuli? Dalla padella alla brace o dalla brace alla padella? Vedremo, senza alcuna illusione e con il pessimismo della ragione, per dirla con l’Autore spesso citato dal direttore uscente del MAXXI. Già, si lasci riposare in pace almeno Gramsci. Però, la vecchia talpa del femminismo scava: il personale è politico. Eccome.