Guerre, paci e le storie nella Storia per comprendere la contemporaneità e aver coscienza anche “dell’ altro”

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È una sera molto calda alla Casa del Jazz, letteralmente esondante di gente, soprattutto giovani studenti appassionati di Storia, in attesa da ore, schiacciati sulle sterpaglie o a ridosso delle transenne del palco della festa del Fatto Quotidiano per assistere all’ intervista di Marco Travaglio al prof di Storia nazionale, il medievista, esperto di storia militare e romanziere abile a rovesciare le narrazioni canoniche, facendoci scoprire il punto di vista “degli altri”, il magister Alessandro Barbero: “Lo scoppio di una guerra è la cosa più banale che si possa immaginare, un cliché storico”.

Storia. Una parola che oggi non può che accompagnarsi al nome dell’uomo che l’ha resa uno show per tutte le età. Eppure, a differenza di altri divulgatori storico-culturali, Barbero non fa della Storia l’ assoluta protagonista, bensì ci racconta sempre le storie che la compongono, in cui la Storia è uno dei personaggi nascosti che precede, permea e trascende le storie delle persone che sono vissute, hanno sofferto, combattuto, amato prima di noi. Perché, lo spiega bene Barbero, si tratta sempre di narrare un romanzo di personaggi, dove sono i loro pensieri, sentimenti, timori e speranze a giocare un ruolo cruciale nell’intreccio che è segnato, sin dalle accattivanti copertine dei suoi libri best seller. In questo sforzo di scrittura, a volte credere nel fato, sebbene immutabile, concede una trasfigurazione della realtà che le restituisce senso. Un po’ come fa la narrativa, che non è uno specchio della vita ma un modo per reinventarla, in una sorta di metamorfosi che ogni volta adoriamo leggere, immaginandola raccontata dalla voce incantatrice del professore.

Stasera si parla di guerre e di paci: l’ attualità ci ha abituato di nuovo alle atrocità insensate della guerra e può essere di conforto ricordarsi che nella Prima Guerra Mondiale il conflitto ebbe una tregua a Natale, data in cui sono successi altri eventi storici che il prof Barbero raccoglie in un suo libro con i testi di testimoni e studiosi d’eccezione: dall’incoronazione di Carlo Magno e di Guglielmo il Conquistatore al primo presepe di Francesco d’Assisi, a un tragico naufragio di Cristoforo Colombo, sino a George Washington che attraversa il fiume Delaware. In quei 25 dicembre nel mondo in cui la storia si è fatta sentire.

D’ altronde la pace la dettano i più forti, i vincitori del conflitto, per questo non vi sono paci realmente “giuste”. Fatta eccezione per una, quella Pace di Westfalia  del 1648 che mise fine alla Guerra dei Trent’ anni, di cui “neanche si ricordavano più perché fosse scoppiata e durata così tanto” e quindi convinsero finalmente che non vi era più ragione tanto urgente per continuare a odiarsi e a uccidersi, anche se persino la pace di fu firmata in due località separate, a causa dei dissidi tra i cattolici e i protestanti. A noi interessa però che i due trattati rappresentarono un precedente importantissimo, quell’ Instrumentum Pacis che divenne una sorta di costituzione del Sacro Romano Impero nel suo ultimo secolo e mezzo di esistenza.

Parla senza sosta il prof e persino il loquace Travaglio è avvinto dalla sua affabulazione: “L’ignoto è croce e delizia della Storia e dell’investigazione di ogni studioso che, come un detective, non è altro che un uomo in cerca della Verità. Mentre la Storia personaggio—con la maiuscola—si fa beffe della Verità. Si nasconde in piena vista e si mostra solo attraverso ‘segni d’immortalità’ che, dall’alba dei tempi, sprofondano l’uomo nella disperante illusione di essere padrone e regista della propria esistenza”. Ma il libero arbitrio fa sempre i conti con quello dell’ alterità. E Barbero, sia lo storico che il romanziere, ce lo fa capire abilmente, costellando ogni sua narrazione di indizi che sono gioco di scoperta e grande metafora dell’unica certezza che abbiamo: la storia si mostra e si dimostra ma non si fa mai prevedere.

Forse proprio per questo per tutti i giovani – troppo spesso annoiati, disincantati,  scollati dalla politica contemporanea – la Storia resta una materia avvincente, capace di intrattenere, ma anche di interrogare. Come dichiara il prof, studiare le guerre e le paci non è solo il tentativo di immaginare mondi possibili in un universo già determinato. È forse, ancora di più, una riflessione sulla fragilità umana, che si nasconde e si mostra proprio nel tentativo stesso di controllare la realtà in quei teatri del mondo che ci regalano culturalmente immensa meraviglia, ma troppo spesso, nelle cronache, indicibili orrori.


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