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Con “legge bavaglio” verità nascoste del delitto Attanasio non sarebbero state svelate

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Con l’approvazione del Consiglio dei ministri del decreto che vieta la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelari, non si lede solo il diritto di cronaca e la libertà di informazione ma si limita il diritto dei cittadini a essere informati su fatti di interesse pubblico.

Il divieto della pubblicazione del testo integrale degli atti giudiziari finché non siano concluse le indagini preliminari impedisce l’accesso dei giornalisti a informazioni che potrebbero essere vitali per il loro lavoro, creando un clima di opacità intorno ai procedimenti au fatti di interesse pubblico: dalle inchieste per .
corruzione a quelle sulla criminalità organizzata. Si impedisce, di fatto, ai media di svolgere un ruolo fondamentale nel monitorare e controllare le azioni delle istituzioni.
Un divieto di questo tipo limita la capacità dei giornalisti di informare il pubblico su questioni di rilevanza sociale e su eventuali falle del sistema giudiziario.
Ma quali vicende e crimini non potranno più essere svelati?
La legge bavaglio che è stata approvata dal Cdm lo scorso 5 settembre può ostacolare la pubblicazione di notizie relative a vari tipi di inchieste, come quelle sulla criminalità organizzata. In tal caso, i giornalisti potrebbero non essere in grado di seguire il filo di indagini su attività mafiose o altre azioni criminali che spesso determinano misure di custodia cautelare.
Anche le inchieste su politici o funzionari pubblici accusati di corruzione potrebbero subire un rallentamento, rendendo difficile il reperimento di informazioni che portano all’esposizione di fatti illeciti.
In generale la nuova “legge bavaglio” va a inibire tutto ciò che riguarda l’informazione su casi di grande rilevanza pubblica.
Storie come quella dell’uccisione dell’ambasciatore italiano nella Repubblica democratica del Congo, Luca Attanasio, in cui il contesto, le responsabilità e le reticenze non sono state indagate in modo approfondito.
Il delitto di Attanasio, ucciso in Congo il 22 febbraio del 2021 insieme al carabiniere che gli faceva da scorta, Vittorio Iacovacci e all’autista del World food programme Mustapha Milambo, ha implicazioni che vanno oltre quanto emerso finora. Fare luce su dettagli e responsabilità nascoste era cruciale per comprendere, ricostruire, le circostanze attorno alla morte dell’ambasciatore. Verità e testimonianze acquisite sul posto che avrebbero potuto contribuire a chiarire le dinamiche dell’agguato e a stabilire se le misure di sicurezza per il convoglio con il quale viaggiava il diplomatico italiano fossero state limitate deliberatamente.
La trasparenza nei casi di violenza contro funzionari pubblici era fondamentale per mantenere la fiducia nelle istituzioni e nel loro operato.
Il libro “Le verità nascoste del delitto Attanasio”, opera di chi scrive, ha svelato elementi e dettagli sulla morte dell’ambasciatore Attanasio che altrimenti sarebbero rimasti occultati. Le carte dell’inchiesta hanno permesso di esaminare e mettere a confronto non solo le circostanze del delitto, ma anche i possibili legami con interessi politici, economici e strategici legati alla regione in cui si è consumato.
Attraverso testimonianze, documenti e analisi approfondite, con questa inchiesta si è cercato di ricostruire la verità su quanto accaduto,  portando alla luce omissioni e incongruenze nelle versioni ufficiali fornite dalle autorità congolesi e dai testimoni.
Questo approccio ha permesso di sollevare interrogativi su chi abbia realmente avuto interesse a uccidere Attanasio e sulle dinamiche più ampie di sicurezza e geopolitica nella zona.
Il libro, inoltre, ha acceso i riflettori su contesti in cui sono stati compiuti illeciti in ambito diplomatico e crimini contro le popolazioni locali e gli operatori delle missioni umanitarie, evidenziando la complessità delle operazioni in paesi instabili oltre al rischio che corrono coloro che lavorano per la cooperazione internazionale.
A fronte dell’importanza di inchieste come quella sul delitto Attanasio, il Parlamento dovrebbe comprendere che la libertà di stampa è un pilastro della democrazia e fare un passo indietro. Limitare l’accesso alle informazioni non solo danneggia i giornalisti, ma anche il diritto dei cittadini ad essere informati, creando una società più incline all’informazione distorta e alla manipolazione.
Da parte nostra, per contrapporrci alle “leggi bavaglio”, dobbiamo proseguire con la mobilitazione e la sensibilizzazione sul tema con campagne in tutte le città italiane per sollecitare l’interesse dell’opinione pubblica e promuovere il sostegno alla libertà di stampa.
Una volta compreso che è pressoché impossibile un dialogo costruttivo con il governo, per esprimere preoccupazioni e proporre alternative che tutelino sia le esigenze di sicurezza sia i diritti civili, l’unica opzione è mettere in campo ricorsi legali contro normative che limitano la libertà di informazione, basandosi su principi costituzionali.
La legge bavaglio ha l’effetto potenziale di ridurre la trasparenza e limitare l’attività giornalistica, con gravi conseguenze per la democrazia e la società civile.

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