Brasile in fiamme: migliaia di roghi minacciano il Paese

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Gli incendi che da mesi bruciano il Brasile sono arrivati a circondare le sue maggiori città, senza tuttavia suscitare la mobilitazione del Congresso e di tutti i partiti di opposizione (fin dal ritorno alla democrazia nel 1985 -dopo 21 anni di dittatura militare- il sistema dei partiti ha sofferto di un eccesso di frammentazione, palesemente nocivo all’esercizio elettorale e di governo). L’esecutivo centrale e amministrazioni locali combattono le fiamme come possono, ma i mezzi disponibili sono insufficienti, i danni senza precedenti. Dall’ Amazzonia alla costa atlantica sommano a decine di migliaia i focolai mai del tutto spenti e in condizione di riaccendersi con il massimo vigore distruttivo al primo ritorno dei venti. La terra è inaridita, lacerata, polverizzata dalla siccità più estrema degli ultimi quarant’anni. Più o meno intensi, i fumi intossicano l’aria e l’acqua; nei fiumi minori centinaia di migliaia di pesci morti ristagnano in superficie. Il paese più vasto e ricco di biodiversità dell’emisfero sud è insidiato da nuvole di fuliggine. Gli istituti di difesa dell’ambiente lanciano allarmi continui.

Il presidente Lula da Silva, è rientrato poche ore addietro dal Mato Grosso, dove ha presieduto una assemblea del G20 dei ministri dell’agricoltura delle 19 maggiori economie del mondo, che ha dovuto essere trasferita per sicurezza ad una sede di emergenza sul lago Manso, poiché il magnifico resort prefissato era troppo vicino a un vasto focolaio. Ed ha subito ricevuto notizia che il fuoco aveva raggiunto e stava avanzando anche tra sobborghi della grande concentrazione urbana di San Paolo, la capitale economica del Brasile, oltre 12 milioni di abitanti. Sono andate distrutte alcune tra le più note fazendas produttrici di caffè. La polizia ha denunciato 56 persone accusate di piromania, arrestandone una ventina in flagrante. Molti fuochi sono infatti dolosi, opera di squilibrati e/o di azioni mirate a favorire la creazione di pascoli per bovini o condizioni favorevoli alla speculazione edilizia. La stessa capitale, Brasilia, è da mesi lambita dagli incendi. Così come Rio de Janeiro, alle cui spalle fortunatamente protette dalle montagne, sta bruciando il Parco Nazionale della Serra dos Orgaos.

Lula ha chiamato in convocazione permanente il consiglio dei ministri per interventi straordinari capaci di fronteggiare la tragedia ambientale. Non piove da 3 mesi. Soltanto negli ultimi 30 giorni sono andati arsi circa 6 milioni di ettari (Monitor do Fogo de plataforma MAPBionas). Nella capitale federale le fiamme stanno crepitando ad appena un migliaio di metri dalla residenza estiva del presidente e a 15 chilometri dal Planalto, il palazzo di governo disegnato dal celebre Oscar Niemeyer. Nondimeno la Camera registra numerose assenze di deputati richiamati nei loro collegi dalla campagna elettorale in corso per il nuovo governatore, i sindaci e gli assessori dello stato di San Paolo. E quelli presenti, in maggioranza dell’opposizione, sono impegnati da una settimana nell’ennesima sessione di dibattito sull’amnistia in favore dei seguaci dell’ex presidente Jair Bolsonaro, che nel gennaio del 2023 tentarono un colpo di stato che avrebbe dovuto riportare al potere la dittatura.

Inacio Lula da Silva aveva vinto le elezioni e volevano impedirgli di assumere la presidenza della nazione.

A migliaia, malamente armati ma decisi a tutto e protetti dall’inerzia di parte delle forze armate, si riunirono nella capitale e si lanciarono all’assalto dei palazzi istituzionali. Diverse colonne invasero il Congresso Nazionale, la presidenza della Repubblica, il Supremo Tribunale Federale inneggiando all’intervento militare, distruggendo tutto quanto trovavano a portata di mano. Porte divelte, sale incendiate, documenti sottratti: un’azione concertata. Intendevano riportare Bolsonaro alla presidenza. Fu una battaglia campale, sostenuta a stento dalla polizia militare, inizialmente travolta dall’impeto dei facinorosi. Quattrocento di essi furono arrestati in flagrante, nei violentissimi tafferugli; altri milleduecento successivamente nell’accampamento allestito di fronte alla sede del quartier generale dell’esercito.

Una vicenda che l’informazione mondiale ha accomunato a quella analoga dei seguaci di Donald Trump a Washington. L’amnistia vorrebbe adesso sottrarre i responsabili ai tribunali di giustizia.

 

(Foto: Flames rise from wildfires in Brasilia’s National Forest in Brasilia, Brazil, September 4. REUTERS/Ueslei Marcelino)


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