Mentre si discute, in questi giorni di calura agostana, di fantomatiche alleanze mediatico-giudiziarie con frange dell’opposizione politica per imbastire ad arte procedimenti in danno della sorella della presidente del Consiglio dei ministri, prendiamo atto che quel che di concreto emerge non sono certo le oscure trame paventate dal fantasioso giornalista quanto un non meno allarmante raccordo tra un pezzo dell’informazione e buona parte del mondo politico, della maggioranza di governo. All’articolo del direttore Sallusti, che con franchezza dichiara di consegnare ai lettori mere congetture e non certo fatti o frammenti di fatti, rispondono molti autorevoli esponenti della maggioranza di governo, che immediatamente danno credito alle illazioni, si dicono sconcertati e preoccupati dalle insinuazioni e si mostrano pronti a credere che i magistrati, alcuni – come sono soliti precisare – magistrati siano adusi a ordire complotti, a iniziare procedimenti per mettere alle corde chi ha ottenuto il consenso degli elettori. Un logoro copione viene riproposto all’opinione pubblica senza alcun rispetto per l’Istituzione giudiziaria, essenziale alla vita democratica non meno di quelle che si reggono sul consenso elettorale. Sui magistrati si può scaricare qualsiasi malevola accusa senza che nessuno si ponga il problema di quale sia il grado di tollerabilità di un siffatto modo di imbastire difese preventive del ceto politico, che si immagina minacciato non si sa come e perché, che si trasformano ovviamente in attacchi anticipati. Se mai un procedimento penale interesserà nel futuro, prossimo o meno che sia, qualche esponente della maggioranza di governo per qualsivoglia ragione, foss’anche per la meno grave ipotesi contravvenzionale, non sarà perché un magistrato avrà adempiuto al dovere di iscrivere una notizia di reato e svolgere le indagini necessarie a verificarne la fondatezza. Si avrà piuttosto la prova postuma del denunciato complotto: quel magistrato sarà immediatamente inscritto nella frangia della magistratura politicizzata e sarà indicato come partecipe della torbida trama di interessi che con impareggiabile acume quel direttore di giornale aveva annusato e prontamente raccontato senza bisogno di indicare fatti, un tempo componente necessaria delle notizie. Lo scenario è desolante: sarebbe ora di ritrovare il senso istituzionale che abbiamo pericolosamente smarrito, senza del quale si avvelena il discorso pubblico intorno alla giustizia e si rende un pessimo servizio al Paese intero.
*(Giuseppe Santalucia è Presidente dell’ANM)
(Nella foto Arianna Meloni)