Il 23 agosto del 1927 Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, al termine di un processo che suscitò clamorose proteste in tutto il mondo, vennero “assassinati”; sulla sedia elettrica, accusati di un omicidio mai provato e mai commesso.
In realtà fu un vero e proprio processo politico contro due militanti che avevano la ”colpa” di essere italiani, anarchici poveri, migranti.
Ricordarli oggi non significa fare esercizio di memoria e di retorica, ma riaccendere i riflettori su quello che può produrre l’odio politico, etnico, etico.
Il tempo presente, soprattutto negli Stati Uniti dei Trump e dei Bannon, ha rimesso in circolo i veleni della discriminazione, dell’odio di classe, della caccia alle streghe, non sufficientemente contrastata da chi dice di credere nei valor dell’inclusione, della solidarietà, della uguaglianza.
Ricordare Scavo e Vanzetti significa anche tenere alta la guardia, sempre, comunque, dovunque, anche in Italia, perché nulla di simile, per parafrasare Primo Levi, possa ancora riaccadere.