Altri cento palestinesi uccisi da missili israeliani a Gaza. In totale siamo arrivati a 40 mila vittime. La grande maggioranza civili innocenti, moltissimi bambini. Si erano rifugiati in una scuola divenuta come tante altre obiettivo militare. Una storia che si ripete da 10 mesi, dall’attacco del 7 ottobre di Hamas che aveva provocato a sua volta mille e duecento morti israeliani e la cattura di oltre duecento ostaggi. Il New York Times da tempo scrive con toni sempre più allarmati che la popolazione di Gaza (parliamo di due milioni di persone) non sa più dove andare, come sopravvivere, può morire per le bombe, le cannonate, fame e sete, malattie infettive. I principali media italiani sono invece sostanzialmente afoni davanti a una strage che non ha precedenti in questo secolo, trattano una tragedia di proporzioni inimmaginabili con taglio burocratico, veloci collegamenti, nessun approfondimento, titoli dove viene oscurata persino l’identità di chi ha lanciato i missili, quasi fossero fulmini scagliati da Zeus. I giornalisti italiani dovrebbero interrogarsi seriamente su quanto stanno facendo, sul perché di tanta reticenza. Non credo lo faranno. Se la narrazione è quella che ogni atto è giustificato contro i nemici dell’Occidente democratico ( sarebbe bello che qualcuno ci spiegasse cos’è perché potremmo chiedergli se comprende anche Turchia, Arabia Saudita, Egitto e molti altri), se vince questa narrazione allora c’è ben poco in cui sperare. Ma tutto sommato le complicità dei media sono soltanto un problema nel problema. La questione vera è quella dell’impotenza del mondo a fermare una orrenda carneficina che sta destabilizzando la moralità delle “nazioni civili” e incrinando proprio la credibilità del cosiddetto Occidente. Ci hanno provato solo gli studenti con la loro richiesta di fermare il genocidio ma le loro voci sono rimaste inascoltate (almeno finora). E allora che cosa possiamo fare? Intanto insistere sul cessate il fuoco, ribaltare il tavolo e dire che è una vergogna che i “pacifisti” siano messi sotto accusa mentre chi vuole solo la guerra ( che è morte e sofferenza di innocenti) si permette di dare lezioni di democrazia.
Detto questo torno all’informazione e all’ultima strage. L’articolo che fa meglio il punto della situazione l’ho trovato su Haaretz quotidiano di tel Aviv, autore Jack Khoury, giornalista israeliano. E cosa dice? Che le condanne della comunità internazionale hanno seguito un copione ormai scontato che non preoccupa assolutamente Netanyahu e il suo governo che non hanno alcuna intenzione di porre fine alla guerra. Aggiunge che le condizioni di vita a Gaza sono da tempo insostenibili e che le vere vittime di tutto ciò che accade sono i civili palestinesi e gli ostaggi e le loro famiglie. Ma la considerazione più importante arriva al termine dell’articolo. Vediamola insieme: “La decisione di porre fine alla guerra dovrà essere presa nell’arena internazionale. I paesi di tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti, che continuano a fornire armi a Israele, consentendo così le uccisioni in corso, hanno mezzi e modi sufficienti per farla rispettare”. Tutto il resto sono chiacchiere inutili. Più chiari di così è impossibile essere. Piuttosto che i nostri media basta leggere un giornale di Tel Aviv per capire cosa bisogna fare. Passiamo parola a chi prende le decisioni in Italia.