Quanto contano le parole di Francesco sul mare nostrum e sui migranti

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Ha suscitato reazioni, anche a livello politico ma non solo, l’intervento di Francesco sui migranti. Questo è un bene, perché vuol dire che il tema migranti ancora accende, non scivola. Inoltre mi conferma  che la sua voce sa arrivare, sa trovare, spesso, il modo di toccare le corde giuste, confortanti o irritanti che siano. Ma penso che la cosa migliore da fare sia sempre quella di capire cosa ha detto, se c’è qualche proposta, qualche indicazione nuova. A me sembra che si sia mancato il punto e il punto che ho colto io è molto rilevante. E siccome il primo viaggio del pontificato ha voluto compierlo a Lampedusa, non mi dilungherò sul fatto che ne ha già parlato spesso e con forza, questo lo sanno tutti, ma che se ha ritenuto di fare questo discorso pur avendo già detto tanto è evidente che, non avendo cambiato idea, ritenga questa il tema e probabilmente la novità sottolineata è importante.

Innanzitutto Francesco ha parlato di mercoledì, giorno in cui ha luogo la catechesi del papa, cioè  cioè l’insegnamento orale della religione cristiana, dei suoi misteri, dei suoi principî, della sua morale. Ma mercoledì lui ha detto di voler usare la circostanza per fare altro, per parlare dei migranti, come ha fatto spesso, riferendosi a questa tragedia ha sottolineato che si svolge principalmente nel mare e nel deserto, due luoghi che ai credenti dicono molto e che a noi, che viviamo nel cuore del Mediterraneo che collega le verdeggianti terre della sua sponda nord con il deserto che arriva alla sua sponda sud, riguardano non solo quali credenti: “Del Mediterraneo ho parlato tante volte, perché sono Vescovo di Roma e perché è emblematico: il mare nostrum, luogo di comunicazione fra popoli e civiltà, è diventato un cimitero”. Questa non è una novità ma è una sottolineatura rilevante: il Mediterraneo, la nostra identità, è diventato una barriera. Collaboriamo con i leader del sud solo per alzare ulteriormente il muro, non per guardare cosa c’è al di là. Poi, da Papa, ha aggiunto: « E la tragedia è che molti, la maggior parte di questi morti, potevano essere salvati. Bisogna dirlo con chiarezza: c’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti – per respingere i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave. Non dimentichiamo ciò che dice la Bibbia: “Non molesterai il forestiero né lo opprimerai” . L’orfano, la vedova e lo straniero sono i poveri per eccellenza che Dio sempre difende e chiede di difendere».

Per restare al punto religioso, a mio avviso Francesco infatti ha anche tentato di far toccare l’idea di fede, che non è solo un principio astratto, non fare questo o non fare quello, ma anche un modo di leggere le azioni che i testi sacri tramandano: “ In effetti, il mare e il deserto sono anche luoghi biblici carichi di valore simbolico. Sono scenari molto importanti nella storia dell’esodo, la grande migrazione del popolo guidato da Dio mediante Mosè dall’Egitto alla Terra promessa. Questi luoghi assistono al dramma della fuga del popolo, che scappa dall’oppressione e dalla schiavitù. Sono luoghi di sofferenza, di paura, di disperazione, ma nello stesso tempo sono luoghi di passaggio per la liberazione – e quanta gente passa per i mari, i deserti per liberarsi, oggi –, sono luoghi di passaggio per il riscatto, per raggiungere la libertà e il compimento delle promesse di Dio”. C’è dunque una Pasqua attesa che Francesco, a differenza di qualche altro, vede. E quindi i respingimenti pongono chi li fa in linea di continuità con il Faraone, non con Mosè. E’ questo il motivo per cui è arrivato alla logica, automatica conseguenza del ragionamento: “ il Signore è con i nostri migranti nel mare nostrum, il Signore è con loro, non con quelli che li respingono”.

Questo passaggio non riguarderà tutti i politici, ma quelli che si sentono cattolici sì.

Ma il papa ha detto anche altro, non ha parlato solo del Mediterraneo, ha detto che questi disperati sono nel mare e nei deserti, che tentano di attraversare, ha detto che non dovrebbero essere lì e che su questo dovremmo essere tutti d’accordo. Ha torto? Non credo. Credo che tutti convengano su questo. E siccome questo è ormai un enorme fenomeno globale, ha fatto la sua proposta: “Ma non è attraverso leggi più restrittive, non è con la militarizzazione delle frontiere, non è con i respingimenti che otterremo questo risultato. Lo otterremo invece ampliando le vie di accesso sicure e le vie di accesso regolari per i migranti, facilitando il rifugio per chi scappa da guerre, dalle violenze, dalle persecuzioni e dalle tante calamità; lo otterremo favorendo in ogni modo una governance globale delle migrazioni fondata sulla giustizia, sulla fratellanza e sulla solidarietà. E unendo le forze per combattere la tratta di esseri umani, per fermare i criminali trafficanti che senza pietà sfruttano la miseria altrui”.

A me sembra che il punto da cogliere e dibattere sia questo, l’urgenza di procedere a creare un meccanismo di governance mondiale, come per l’emergenza climatica. Anche la vitale lotta ai trafficanti si fa così, mentre noi nella fretta possiamo scambiare chi crea e sfrutta il fenomeno migratorio con l’interlocutore giusto per combattere i trafficanti. Molti satrapi agiscono come il Faraone, prima rendono i loro sudditi dei profughi, poi gli danno la caccia.

Certo, ci sarà chi ritiene che siccome d’estate fa caldo e d’inverno fa freddo, quanto accade, i termometri che superano nelle nostre città per lunghi periodi i 40 gradi centigradi, le piogge torrenziali che soggiungono dopo interminabili periodi di siccità, sia normale. Ci sarà che ritiene che siccome l’uomo è sempre migrato, anche queste migrazioni siano normali, si tratta di persone che cercano un lavoro migliore di quello che esercitano a casa loro e dunque potrebbero portare avanti questa ricerca rispettando le leggi. E invece con il suo discorso Francesco ci ha detto che sono quasi sempre richiedenti asilo ai quali viene negato il modo di chiedere questo diritto fondativo della nostra civiltà. Ad esempio, un cattolico come il premier ungherese Orban deve essersi dimenticato quanti suoi connazionali, dopo l’invasione sovietica del suo Paese, furono aiutati, assistiti, accolti in virtù di questo cardine giuridico della nostra civiltà.

Senza una governance mondiale, procedendo in ordine sparso, si continuerà a pensare al proprio particolare in modo a dir poco miope. E per i cattolici facendo un peccato grave, come è ovvio. A loro infatti Bergoglio ha detto che  devono essere in prima linea, che non vuol dire per forza unirsi a chi soccorre, che ha lodato, ma ance altrimenti, perché “ci sono tanti modi di dare il proprio contributo, primo fra tutti la preghiera. E a voi domando: voi pregate per i migranti, per questi che vengono nelle nostre terre per salvare la vita? E “voi” volete cacciarli via”. E il voi ovviamente è riferito ai cattolici che credono alle favole, ad esempio all’invasione.


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