Pericolo Musk

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Per due ore Donald Trump ha ripetuto le sue accuse ai democratici ,i suoi proclami di vittoria, le sue denunce di complotti per sabotarlo. Due ore di monologo su X (ex twitter) blandamente interrotto, per lo piu’ incoraggiato , da un intervistatore (ma sarebbe meglio dire complice) di eccezione:  il padrone della piattaforma Elon Musk.
Per avere un‘idea di quel che è accaduto basterebbe pensare a un editore come Cairo, o la famiglia Berlusconi, che offrono pagine o trasmissioni a un candidato senza alcuna intermediazione giornalistica ma apparendogli accanto per incoraggiarlo.
Non si tratta di par condicio. Trump ripete da qualche giorno una serie ininterrotta di colossali falsità. Una per tutte: le folle che accorrono ai comizi della neocandidata democratica Harris (molto più massicce di quelle dei suoi comizi) sarebbero un artificio dell’intelligenza artificiale. Bugia palese che dimostra però due cose: la prima che Trump è irritato per il successo inaspettato della Harris e la seconda che l’ex presidente si prepara a contestare qualsiasi evidenza  a partire da un risultato elettorale che lo veda soccombere. D’altronde lo ha già fatto nelle scorse elezioni. Io ero lì quel 6 gennaio a Washington. Tutti i livelli di controllo giudiziario e politico avevano certificato la sua sconfitta ma lui la negò favorendo l’assalto a Capitol Hill.  Lo strumento  principe di quella campagna di falsificazione furono i social tanto che Facebook e Twitter (allora non ancora in mano a Musk) decisero di sospendere l’account di Trump e di altri propalatori di falsità.
La prima cosa che Musk ha fatto dove avere acquistato Twitter (ribattezzato X) e’ stata riammettere Trump.
Ed ora lo affianca in un comizio. La differenza è che quando Trump parla in diretta sui grandi networks  (lo ha fatto pochi giorni fa a Mar à Lago) i giornalisti eseguono al volo un fact checking sulle sue affermazioni.
122 affermazioni false e fuorvianti. I giornalisti di Abc, Nbc e Cbs lo hanno spiegato agli ascoltatori in tempo reale. Ma Musk non conosce il fact checking e Trump gli è grato. C’è di più: dopo l’acquisto di Twitter da parte di Musk molti inserzionisti si sono preoccupati per la reputazione dei propri brand su una piattaforma dove non esistono controlli di qualità. GARP (global alliance for responsable media) è una associazione no profit che vigila sulla brand reputation degli inserzionisti e che ha cominciato a mettere in guardia i propri associati. La risposta di Musk è stata immediata e feroce: una causa per danni così minacciosa che GARP ha deciso di sciogliersi per dedicare tutte le proprie risorse al pagamento della sua difesa legale.
Problemi americani, si potrebbe pensare. Per nulla. Le recenti violenze in Gran Bretagna sono state scatenate da false notizie diffuse sui social per criminalizzare gli emigrati . Musk non solo non ha fatto nulla per impedire la diffusione di falsità ma è intervenuto di persona su X per preconizzare “la guerra civile” in Gran Bretagna e poi per diffondere la falsa notizia che il governo Starmer si apprestava a deportare nei Caraibi le persone arrestate per gli episodi di violenza. Una violazione tale delle più elementari regole di correttezza da provocare una dura lettere del commissario europeo Thierry Breton a Musk che minaccia in futuro provvedimenti a difesa della sfera pubblica europea.

La risposta di Musk è arrivata subito su X : “fai un grande passo indietro testa di cazzo”.

Come si vede quel che sta accadendo negli Stati Uniti riguarda anche il futuro di tutti noi.

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