L’associazione Articolo 21, presidio di Lucca, è interessata a intervenire nel dibattito promosso dal quotidiano La Nazione, scaturito all’indomani della chiusura delle librerie Ubik e LuccaLibri. Tuttavia, il nostro intervento non può prescindere da una premessa: se a Lucca vogliamo intraprendere un confronto, crediamo che convenga uscire dalla logica vittimistica di addossare colpe e responsabilità.
Se dibattito deve esserci, insomma, occorre sfoderare un pensiero, critico e autocritico, fermo che la politica culturale si fa avendo un’idea di questa.
A Lucca, purtroppo, ci sembra che la mira sia puntata in modo miope verso un’attività visibilmente scarna; lo diciamo con rammarico e lo confermiamo alla luce delle polemiche che hanno contraddistinto, per esempio, il Centenario di Puccini: pare essere stato improntato a una logica divisiva, al di là della singola manifestazione più o meno riuscita, o degli sforzi dei pochi.
Il ruolo delle librerie ancorché in crisi a Lucca come altrove, dovrebbe indurre chi amministra ed ha a cuore le sorti della crescita intellettuale della città – con un occhio di riguardo alle politiche giovanili che siano attrattive e stimolanti – a un’attenta riflessione. Perché il disagio, per esempio, si può combattere anche così e non mancano, in Italia, le realtà civiche dove ciò viene messo in pratica. Bisognerebbe insomma non separare ma unire, creare una rete che dialogasse attraverso più attori: gli enti locali insieme ai proprietari di librerie, le scuole congiuntamente alle biblioteche e ai musei, la collaborazione con le società sportive che con i giovani lavorano tutti i giorni.
Organizzare un aperitivo, non esclude l’opportunità di associare un’iniziativa attraverso la quale si può proporre la lettura, la proiezione di un film, l’ascolto della musica. Il tutto attraverso una modalità inclusiva, senza distinzione di censo. Ma è, fondamental mente, la promozione di un benessere che non significa mercificazione a tutti i costi perché si è ostaggi delle categorie; a Lucca la valorizzazione culturale, quindi le sorti di chi con la cultura potrebbe vivere (anche se non mancano i detrattori di questo pensiero), sembra dissociarsi da tutto il resto che ha un solo obiettivo: il business. Si proceda allora attraverso una strada che sia in grado di proporre una visione di cultura, facendo tesoro ancora una volta
della nostra preziosa Costituzione, come suggerisce l’incipit dell’articolo 9