La Storia non condivisa. Da oggi a Milano c’è un largo dedicato agli antifascisti uccisi nel 1944

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Da oggi, 10 agosto 2024, l’aiuola spelacchiata dove si trova il monumento alle vittime dell’eccidio nazifascista si chiama Largo 15 Martiri di Piazzale Loreto. Apparentemente è un’inezia, ma la scelta dei tempi – la destra alla riscossa – e della definizione – martiri – non è casuale. E se ne sono accorti anche i presenti alla cerimonia. In qualche modo quella targa stradale dice: 80 anni fa l’Italia era divisa, c’era chi stava coi nazisti, chi combatteva per la libertà (se vogliamo essere onesti c’era anche un bel pezzo di inerti che aspettavano di schierarsi con il vincitore). Tutto riassunto in un fazzoletto di qualche centinaio di metri quadrati: Piazzale Loreto.

Breve riassunto. 1944: fascisti e nazisti occupano oramai sempre meno territorio, sanno che i sovietici da Est e gli Alleati da Nord e da Sud li stanno accerchiando. Non a caso in quell’anno si contano i più feroci eccidi della popolazione civile.

I partigiani fanno quel che possono: nelle città soprattutto sabotaggi e omicidi mirati. Anche attentati, certo. Come quello che il 6 agosto colpisce un camion tedesco e che uccide almeno sei civili italiani. I nazisti vogliono la rappresaglia, i fascisti non dicono nulla, anche se, a posteriori, il Prefetto dirà che aveva fatto di tutto per scongiurarla. Il 10 agosto vengono prelevati dal carcere di San Vittore 15 antifascisti che saranno  fucilati dalla Ettore Muti, la milizia definita “pupilla del Duce”. Per un giorno e una notte quel mucchio di cadaveri verrà lasciato lì, come monito per gli operai che dovevano passare da Piazzale Loreto per andare a lavorare nelle fabbriche della vicina Sesto San Giovanni. Ecco perché 9 mesi dopo, il 29 aprile 1945, l’esposizione dei corpi di Mussolini e dei suoi fedelissimi avverrà lì, a Piazzale Loreto. Volete sapere se qualcuno ha pagato per quella rappresaglia? No, perché la logica della Guerra Fredda prevedeva che i nazisti servissero a fare la guerra all’Unione Sovietica e ai movimenti progressisti. Dunque occorreva far sparire i fascicoli giudiziari dei protagonisti di quegli eccidi (oltre 5000, secondo l’Istituto Parri). Infatti anche il dossier sui 15 Martiri di Piazzale Loreto finirà nell’Armadio della Vergogna, nascosto dalla magistratura militare. Solo nel 1999 uno dei firmatari della condanna a morte dei 15, Theodor Saevecke, verrà processato e condannato all’ergastolo. Non farà un solo giorno di carcere perché morirà pochi mesi dopo la sentenza. Per tutta la sua vita è stato un tranquillo e ben pagato funzionario governativo, fino a diventare dirigente del Ministero dell’Interno della Germania Ovest.

Torniamo ad oggi. Immaginate due cerchi concentrici. Quello più grande è Piazzale Loreto, quello più piccolo è Largo 15 Martiri di Piazzale Loreto. Direte che la storia non si fa con la toponomastica: giusto, ma scegliere un episodio, un nome, una definizione da incidere sul marmo non è mai un’operazione neutrale. Con parole più alte l’ha spiegato bene oggi Sergio Fogagnolo, figlio di Umberto, uno dei 15 fucilati. Quando si parla di storia condivisa – ha detto – occorre capire che io, orfano dei fascisti, e un figlio di un gerarca fascista ucciso, non condividiamo la storia, ma solo il dolore per la perdita subita.

Sulle Piazzale Loreto – entrambi gli episodi – si sa molto ma non tutto. Nelle prossime settimane ci sarà l’occasione per fare ulteriori passi in avanti. E ci saremo anche noi della Fondazione Diritti Umani con un podcast preparato per l’occorrenza.


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