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La lezione civica di queste Olimpiadi

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Sono state Olimpiadi complesse perché  complesso è il mondo in cui viviamo. Lo sport è un’attività umana che, come tutte le attività umane, assorbe le contraddizioni nelle quali è immerso.

Quelle di Parigi sono state le Olimpiadi della “terza guerra mondiale diffusa”. Per la prima volta si è gareggiato mentre tanti conflitti, erano in corso. Si è gareggiato mentre le bombe piovevano dal cielo, persino in Europa. Parigi 2024 ha inflitto un duro colpo al mito della “tregua olimpica” sul quale si era cullata l’illusione che lo sport potesse davvero fermare le guerre. In realtà è successo sempre il contrario: è stata la guerra a fermare le Olimpiadi. O a condizionarle imponendo l’esclusione di qualcuno, come è avvenuto nell’ 80 a Mosca,  nell’ 84 a Los Angeles e nel 2024 a Parigi.

Ma queste sono state anche le Olimpiadi dell’ inclusione. Di genere, in primo luogo. I giochi si sono chiusi con la maratona femminile, non con quella maschile come da tradizione. Forte scelta simbolica. Eppure anche sul tema dell’ inclusione sono emerse le grandi contraddizioni di un mondo in cui una destra sempre più aggressiva pone barriere e limiti, e in cui la parte più progressista e aperta è costretta a lottare contro fakes e irruzioni social governate da centri di potere populistici e conservatori. Il caso Khelif è storia, ormai.

Sono state Olimpiadi in cui la battaglia per i diritti umani non ha ancora pieno titolo per esprimersi. Il caso delle due atlete afgane che hanno invocato libertà e diritti è emblematico. In un caso l’atleta è stata squalificata, nell’altro no.

Sono state Olimpiadi nelle quali, ancora una volta, a vincere sono stati gli atleti. E non solo salendo sul podio. Vincono gli atleti con la loro umanità, la loro generosità, il loro sforzo di misurarsi con sé stessi e con gli avversari. Le storie e le immagini che sono state consegnate ai nostri ricordi sono cariche di fiducia verso una generazione di giovani che canta gli inni nazionali, sventola la sua bandiera ma abbraccia e consola chi non ha vinto perché non vede nemici sotto una bandiera diversa dalla sua.

E splendidi sono stati tutti i nostri atleti. La fotografia che ci hanno regalato del paese è incoraggiante. E non tanto per le vittorie o per i piazzamenti. È incoraggiante perché respinge ogni forma di stupido razzismo e ci impegna a guardare il futuro con occhi nuovi. I loro.


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