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Il muro su Gaza

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La drammaticità delle testimonianze che arrivano da Gaza fa a pugni con un conflitto di cui non abbiamo conoscenza delle reali dimensioni, dell’impatto umano, dei danni che si sommano quotidianamente all’enorme dolore di una popolazione stremata. Su Gaza è stato innalzato un impenetrabile muro del silenzio per l’impossibilità del sistema mediatico di essere presenti in quei martoriati territori. Il reportage televisivo di Stefania Battistini dallo scenario bellico ucraino fa intendere che è ancora possibile penetrare nelle falle del sistema elaborato dalla propaganda russa per spezzare il silenzio ed il racconto a senso unico elargito dalle autorità moscovite.

Su Gaza invece è l’impenetrabilità informativa a farla da padrona con la proibizione ai giornalisti anche di approssimarsi ai luoghi della guerra. Nella ex Jugoslavia durante il durissimo scontro in Bosnia ad esempio ai convogli dei pacifisti era consentito avvicinarsi, manifestare, portare solidarietà: certo non sono stati pochi i caduti durante quelle marce ma essere presenti significava anche attingere notizie, garantirne la diffusione, spezzare quella cortina di ferro che vedeva i civili soccombere.

Oggi c’è il muro sopra e intorno Gaza: impenetrabile, accettato dal mondo che ormai si è abituato ad avere informazioni solo dalla propaganda israeliana, tesa ad evidenziare gli aspetti militari e le vittorie di Pirro che si ritorceranno contro.


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