Il ministro Nordio verso una nuova legge bavaglio

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La commissione europea ha chiesto all’Italia, nella relazione sullo stato di diritto, la modifica delle norme e relative alle nomine Rai, al conflitto di interessi, alle querele bavaglio, alla rafforzata tutela delle fonti e del segreto professionale.
Il governo italiano ha risposto con insulti, invettive, negazioni.
Subito dopo ha tentato di mettere mano alle nomine Rai, operazione ancora non riuscita per gli appetiti  che dividono gli alleati e per il rifiuto delle opposizioni di partecipare al banchetto.
Come se non bastasse, in queste ore, il ministro Nordio ha annunciato che, nel prossimo mese di settembre, intende far approvare la legge bavaglio, quella che nega la pubblicazione delle ordinanze cautelari.
Un obiettivo che neppure il governo Berlusconi era riuscito a centrare.
La gravità del testo è accentuata dal fatto che, nel frattempo, nessun provvedimento è stato assunto a tutela dei cronisti minacciati, contro le querele bavaglio, e tanto meno sono stati ripristinati il segreto professionale e la tutela delle fonti, anzi si sono moltiplicati i i casi di cronisti “fermati e perquisiti” con l’obiettivo di intimidire gli informatori  e colpire a morte il giornalismo di inchiesta, quel poco che ancora resta.
Il divieto di pubblicazione delle ordinanze non porterà beneficio agli imputati, perché usciranno comunque sintesi dei documenti, oppure ci sarà il commercio dei testi, che saranno pubblicati in modo “pilotato” e discrezionale.
Si tratta dunque della ennesima minaccia, di un regolamento dei conti annunciato e promesso.
La vendetta, contro giustizia e informazione, fa parte del piano che porta verso una repubblica presidenziale, dove i poteri di controllo vedranno sempre più ridotto il ruolo e la funzione. Nè più, nè meno rispetto al piano predisposto da Licio Gelli.
Sarà il caso di predisporre, da subito, una  reazione adeguata, che unisca quanti hanno nel cuore la Costituzione antifascista.
Bisognerà consegnare un dossier all’Europa per segnalare le nuove provocazioni in atto, magari portare la nostra voce davanti alla commissione e al parlamento europeo.
Alle giornaliste e ai giornalisti spetterà il compito di continuare a pubblicare qualsiasi notizia  di “pubblico interesse e rilevanza sociale”, come prevedono le stesse sentenze della corte europea.
Non si tratterà di “disobbedienza civile” ma di “obbedienza civile” ai principi costituzionali e ai trattati internazionali.
Articolo 21, come sempre, ci sarà.


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