Aveva ventinove anni la partigiana Irma “Mimma” Bandiera quando venne fucilata dai fascisti nei pressi dell’abitazione dei suoi genitori a Bologna, in località Meloncello. La sua è una storia di passione civile e di coraggio, di resistenza e di rifiuto di ogni barbarie. Classe 1915, visse la tragedia di una generazione sconfitta, dapprima perdendo il fidanzato in guerra e poi unendosi, per intercessione di uno studente di medicina, Dino Cipollani di Argelato, nome di battaglia “Marco”, conosciuto in quel di Funo, alla VII brigata GAP Gianni Garibaldi di Bologna.
Il 5 agosto del ’44, nel cuore della lotta di Liberazione, i partigiani uccisero un ufficiale tedesco e un comandante delle brigate nere; da qui, scaturì una rappresaglia feroce che condusse infine, il 7 agosto, all’arresto di Irma a casa dello zio, dopo che la ragazza aveva trasportato lo stesso giorno delle armi alla base della sua formazione a Castel Maggiore. Torturata per sei giorni e sei notti di fila, venne addirittura accecata con una baionetta ma non ci fu verso di farle dire qualcosa: non tradì, non scese a patti con l’oppressore, non cedette di fronte a nessuna sevizia, convinta com’era che si potesse e si dovesse amare la vita al punto di sacrificarla per una causa nobile come la libertà della Patria dal nazi-fascismo. Una volta fucilata, il 14 agosto, il suo corpo venne lasciato in vista per un giorno intero, come monito per chiunque intendesse seguirne l’esempio. Ciò, tuttavia, non indebolì, anzi rafforzò, l’azione partigiana, fino alla liberazione di Bologna avvenuta il 21 aprile del ’45.
Sosteneva Renata Viganò, autrice del celebre romanzo “L’Agnese va a morire”, che ciò che aveva compiuto la Compagna Autonoma Speciale, guidata dal capitano Renato Tartarotti, ai danni di Irma Bandiera costituisse “la più ignominiosa disfatta della loro sanguinante professione”. È così, specie se si considera che alcune formazioni partigiane presero il suo nome e che oggi una via e una lapide la ricordano nella zona in cui venne assassinata. Riposa presso il Cimitero monumentale della Certosa di Bologna e il nostro auspicio è che la sua storia venga fatta studiare in tutte le scuole. Poche figure, infatti, incarnano come lei un senso di pulizia, di gentilezza, di dedizione, di coraggio e di tenacia. Poche personalità sono state più nobili nella storia, pur importantissima, del comunismo italiano. Poche donne si sono sapute ritagliare uno spazio altrettanto importante nella vicenda eroica della Resistenza. E oggi, in piena vague revisionista e negazionista, abbiamo più che mai bisogno di simboli e punti di riferimento per non darla vinta a chi vorrebbe stravolgere la Costituzione: nella coscienza di cittadine e cittadini prim’ancora che materialmente.
A Irma e al suo sacrificio, dunque, rivolgiamo il nostro omaggio e la nostra gratitudine. Sono passati ottant’anni, ma strade e piazze ancora ne celebrano la memoria in molti comuni, al pari di altre iniziative non meno importanti. È il minimo, se pensiamo che se n’è andata a un’età nella quale ciascuno di noi, con pieno diritto, vuole solo vivere ed essere felice, sopportando il martirio affinché le generazioni successive potessero nascere e crescere libere.
Dedicarle un pensiero, pertanto, significa compiere quel catechismo civile senza il quale tutto perde di senso, comprese la gioventù e la vita stessa.
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