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Gaza, la latitanza dell’informazione

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Ribadiamo: su Gaza non si può tacere. Non si può tacere in merito alle tensioni internazionali che si stanno venendo a creare in un’area del mondo da tempo ridotta a una polveriera. Non si può tacere di fronte a quarantamila morti, molti dei quali bambini, non ultimo il centinaio rimasto vittima del bombardamento di una scuola. Non si può tacere nel momento in cui la flebile speranza di una tregua e di una trattativa, di fatto, viene meno. Non si può tacere, dato che Netanyahu ha deciso di scatenare una guerra totale per salvare se stesso e favorire l’amico Trump in vista delle elezioni del prossimo 5 novembre. Non si può tacere quando siamo al cospetto di una catastrofe imminente. E, soprattutto, non si può tacere se buona parte dell’informazione, nell’opulento Occidente, si guarda bene dallo svolgere il proprio compito. È inutile, infatti, manifestare stupore o stracciarsi le vesti: sappiamo tutti che la situazione è destinata a peggiorare. È inutile anche lanciare appelli: non saranno ascoltati. Il nostro compito è quello di informare e dire la verità: il 7 ottobre si è verificata una mattanza ingiustificabile da parte di un gruppo di assassini; da quel momento in poi, è andata in scena un’altra mattanza, ugualmente ingiustificabile, ad opera di un governo privo di umanità, con un membro che è arrivato addirittura a teorizzare la necessità di far morire di fame e di sete due milioni di palestinesi, bloccando gli aiuti umanitari che consentono loro, a fatica, di sopravvivere.
Di fronte a tutto questo, il giornalismo non può essere pavido. Bisogna chiedere espressamente il ritiro dell’ambasciatore italiano da Tel Aviv (come peraltro hanno fatto meritoriamente AVS e M5S), in segno di protesta e di dissenso, e un intervento serio e deciso della comunità internazionale per porre fine, a qualunque costo, alla strage cui stiamo assistendo. Inoltre, bisogna avere il coraggio di contrastare l’ipocrisia dilagante di chi continua a voltarsi dall’altra parte, ignorando quest’orrore, e rispondere a tono a chi taccia di anti-semitismo chiunque osi muovere la benché minima critica a un esecutivo di estrema destra che sta compiendo, da dieci mesi, un’autentica carneficina. A tal proposito, sottolineiamo con vigore che noi non accettiamo lezioni di rispetto per il popolo ebraico da chi ancora non ha rotto, e a quanto pare non intende rompere, con la tradizione degli estensori delle Leggi razziali e di coloro che, a suo tempo, si allearono con Hitler. Noi siamo sempre stati orgogliosamente dall’altra parte e ci teniamo a farlo presente, soprattutto nei giorni in cui ricorrono gli anniversari delle stragi nazi-fasciste dell’estate del ’44.
Illuminare a giorno, raccontare storie, far conoscere volti e contesti, mostrare immagini crude senza reticenze e non arrenderci all’abisso: questo è il nostro dovere e intendiamo compierlo fino in fondo. Perché, a proposito di totalitarismi di varia natura, ci è caro il motto del cardinale con Preysing: “Se pur tutti, io no”. Ecco, noi no.

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