Supponiamo che la povera Giulia Cecchettin fosse stata uccisa un anno dopo, a novembre 2024. E supponiamo che Satnam Singh fosse stato abbandonato agonizzante col suo braccio staccato sei mesi dopo, a dicembre 2024. Sarebbe stata ormai in vigore la legge attuativa del cosiddetto emendamento Costa (dal nome del parlamentare di Azione che lo ha proposto) e non si sarebbe potuto leggere nulla (è importante sottolineare nulla) dei provvedimenti giudiziari che hanno portato in carcere rispettivamente Filippo Turetta e Antonello Lovato, entrambi accusati di due brutali omicidi, di cui abbiamo conosciuto le modalità, le conseguenze, la dinamica attraverso la pubblicazione su tutte le testate di informazione delle ordinanze di custodia cautelare. Ed è quanto si profila per il prossimo delitto in stile Lovato o Turetta, perché è statisticamente inevitabile che di storie come quelle ve ne saranno altre da raccontare. La legge Costa, strenuamente difesa dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio, è considerata il bavaglio-padre, la pietra tombale sulla libertà di stampa in Italia, ma vieppiù è la fine della possibilità per i cittadini di conoscere fatti di cronaca gravi e di sicuro interesse collettivo. Purtroppo tutte le volte che il dibattito politico si concentra sulle leggi di modifica della pubblicazione degli atti giudiziari la lente di ingrandimento viene puntata sui procedimenti che riguardano reati contro la pubblica amministrazione, ossia quelli che coinvolgono politici e funzionari pubblici, come nel caso del Presidente della Regione Liguria, dimenticando, probabilmente per scelta, che una volta imposto lo stop alla pubblicazione di atti giudiziari esso travolgerà tutto, anche le storie come quella della morte di Cecchettin, di cui tutti dicono di aver diritto di sapere tutto. Proprio adesso che si è giunti alla stretta finale contro la divulgazione dei contenuti sia integrali che parziali è fondamentale ricordare che l’arresto di Matteo Messina Denaro (per fare un nome a caso) è avvenuto in applicazione di ordinanze di custodia cautelare poi rese note dai giornalisti perché si sapesse di chi stavamo parlando. Era scritto in quegli atti, appunto.
Stesso dicasi per gli arresti di Marie Therese Mukamatsindo e Liliane Murekatete, suocera e moglie del deputato Aboubakar Soumahoro avvenuti nell’ambito dello scandalo delle cooperative di accoglienza dei migranti con l’applicazione di una ordinanza di custodia cautelare, ampiamente divulgata dai giornali per dare contezza di quello scandalo, com’era giusto che fosse per informare i cittadini. Curioso, per adesso, come anche i giornalisti che sostengono la “bontà” del bavaglio Costa abbiano pubblicato integralmente gli atti di quella indagine. E se lo scandalo della famiglia di Soumahoro avesse ritardato di qualche anno e la misura cautelare fosse stata emessa, per esempio, nell’autunno del 2024? Troppo tardi per essere informati.
La legge bavaglio che porta la firma di Enrico Costa nel testo originario prevedeva il “divieto di pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare” fino alla conclusione delle indagini o dell’udienza preliminare, mentre nella riformulazione proposta dal governo si parla di divieto di pubblicazione “integrale o per estratto” del testo dell’ordinanza.