Gaza e il resto delle notizie difficili che tanti vorrebbero oscurare sono state al centro della riunione di questa mattina di Articolo 21.
In apertura Lucia Goracci ha ricordato come esattamente dieci anni fosse a Gaza e anche allora si stava raccontando il tentativo per un accordo di pace. “Io parlerei di guerra su Gaza e non di guerra a Gaza, intanto. – ha detto – Purtroppo questa notizia scende nella scaletta, Gaza diventa la terza, la quarta, l’ennesima notizia nei tg, dopo che ci sono stati 40mila morti, di cui migliaia sono bambini, e centomila feriti. A Gaza non c’è un luogo sicuro dove poter cercare di sopravvivere. E’ l’unica guerra senza profughi. Impendendo alla stampa di entrare a Gaza si è creato inevitabilmente uno squilibrio; assente la stampa internazionale si è teso a togliere tutte le altre fonti cui la stampa poteva attingere e a screditare giornalisti palestinesi dentro Gaza”.
“Bisogna illuminare il buio, non si possono accettare confini”, ha ribadito Giuseppe Giulietti, coordinatore nazionale dei presidi di Articolo 21.
Per Nello Scavo, inviato di Avvenire in questo momento siamo di fronte ad un “grande tema, quello dell’assenza della stampa internazionale a Gaza, che risponde ad una logica ben precisa. E’ il concetto di muro, che pensavamo si fosse sbriciolato insieme a quello vero di Berlino nel 1989 mentre ancora oggi continuiamo ad alzare muri. Come in Russia. Muri contro l’informazione. Se Putin dice non puoi entrare, tu non entri. Invece noi abbiamo bisogno di oltrepassare quei muri, abbiamo bisogno di entrare a Gaza. Credo che al punto in cui siamo arrivati servirebbero appelli di voci autorevoli per fare entrare i giornalisti internazionali a Gaza, appelli di nomi rilevanti, firme rilevanti e questo sarebbe addirittura a protezione di Israele, perché giornalisti indipendenti potrebbero effettivamente vedere e narrare se a Gaza ci sono terroristi tra i civili”
Nello Scavo ha anche ricordato la vicenda di Andrea Rocchelli (ucciso nel Donbass dieci anni fa): “Rocchelli caso importante che non dobbiamo dimenticare perché questa verità e giustizia farà bene al giornalismo quando arriverà. Così come non dobbiamo dimenticare ciò che sta accadendo nel Mediterraneo, che in questo momento è oscurato con leggi e imposizioni. Ci sono colleghi come Sergio Scandura che in direzione ostinata e contraria continuano ad illuminare, tenere fare accesi su tutti questi contesti. Io credo che noi non dobbiamo accettare che i diritti umani siano di serie B in qualche parte del mondo”.