Beslan vent’anni dopo

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Oggi tutti esecrano Putin e i suoi metodi, e va benissimo. Peccato che l’oligarca russo non sia salito al potere ieri ma venticinque anni fa, in seguito alla conclusione della nefasta era El’cin che aveva privato la Russia della propria dignità, gettandola nella miseria e nello sconforto. Se non si parte da qui, mi spiace dirlo, ma non si comprendono le ragioni della crisi attuale né il sostegno popolare, peraltro crescente, nei confronti di un personaggio che agli occhi dei russi ha avuto il merito di restituire al Paese l’orgoglio nazionale e un ruolo nel mondo. Lo ha fatto a modo suo, certo, con la violenza e la massima ferocia, reprimendo ogni forma di dissenso, massacrando i ceceni in quel di Grozny e rendendosi protagonista di mattanze come quella compiuta nell’ottobre del 2002 presso il teatro Dubrovka di Mosca o nel settembre del 2004 presso la scuola Numero Uno di Beslan, nell’Ossezia settentrionale. Un blitz, un’irruzione senza esclusione di colpi, un bagno di sangue per sventare la presa in ostaggio di oltre mille persone, tra cui moltissimi bambini, ad opera di terroristi ceceni e fondamentalisti islamici: del resto, questi sono i metodi che Putin ha appreso fin da ragazzo per poi servirsene una volta approdato al Cremlino. Ciò che sta accadendo oggi in Ucraina, dunque, non deve sorprenderci. Semmai, dovremmo interrogarci su chi siano i veri responsabili della deposizione di Gorbačëv e su quali siano state le conseguenze di quell’azione scellerata, nel tentativo di stravincere una guerra già vinta e di umiliare un intero popolo che, storicamente, non ha mai accettato di essere umiliato da nessuno.

Beslan, dicevamo, e ci tornano in mente le denunce di Anna Politkovskaja, la coraggiosa collega della Novaja Gazeta le cui denunce sono diventate celebri solo dopo che è stata assassinata (7 ottobre 2006, guarda caso in concomitanza con il cinquantaquattresimo compleanno del novello zar), mentre prima, salvo rare eccezioni, tra cui ci annoveriamo, sono state ampiamente ignorate, come sempre accade a chi si batte per i diritti umani quando il ricco Occidente è impegnato a difendere lucrosi affari con i “suoi figli di puttana” del momento.

Se ricordiamo questa vicenda, gli alunni presi in ostaggio e le modalità con qui l’edificio venne liberato (oltre trecento morti, per la cronaca), è perché ci dicono molto su ciò che sta accadendo attualmente. Ci dicono molto in merito alla libertà d’informazione in una Nazione in cui, di fatto, non esiste più. Ci dicono molto sulla follia di tutte le guerre. E ci dicono molto, infine, su come si sia arrivati quasi al punto di non ritorno, tanto che ormai siamo stati contagiati dallo stesso morbo e siamo costretti ad assistere a restrizioni delle libertà essenziali, arresti inopinati e altre vergogne simili anche alle nostre latitudini.

Non sappiamo quali siano, ad esempio, le effettive responsabilità di Pavel Durov, il fondatore di Telegram, circa la diffusione planetaria di balle che condiziona elezioni e momenti critici della nostra vita pubblica né siamo in grado di stabilire se davvero la sua piattaforma abbia coperto spacciatori, trafficanti di varia natura e farabutti d’ogni ordine e grado, garantendo loro una zona franca nella quale pianificare indisturbati i propri crimini. Questa è l’accusa che gli è stata rivolta e per la quale è stato arrestato, nei giorni scorsi, a Parigi, ma il terreno è scivoloso e bisogna stare attenti a non compromettere le libertà collettive nel tentativo, lodevole ma temiamo vano, di contrastare chi ne abusa.

Ciò che vogliamo mettere in risalto, in conclusione, è il collegamento strettissimo fra gli orrori di Putin in Patria e nella galassia ex sovietica e la penetrazione del putinismo, in varie forme, all’interno del Vecchio Continente. Così, giusto per ricordare ad alcuni asperrimi detrattori del presente ciò che dicevano e scrivevano, ma soprattutto omettevano, quando Berlusconi ci trascorreva le vacanze in dacia o a Villa Certosa, Bush sosteneva di aver scrutato qualcosa nella sua anima ed eccidi non inferiori a quelli che sta compiendo oggi l’esercito israeliano a Gaza e in tutto il Medio Oriente venivano derubricati a doverose operazioni di difesa del territorio russo e della democrazia. Già, ma quale democrazia?


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