41 anni fa erano uccisi Rocco Chinnici, gli uomini della scorta e il portiere del condominio dove abitava la famiglia di Chinnici e dal quale Rocco ogni mattina si recava all’ufficio istruzione del tribunale di Palermo di cui era capo. Abitavo allora nei pressi ed ebbi modo di vedere, subito dopo, la scena drammatica dei corpi martoriati dall’esplosione dell’auto imbottita di tritolo preparata dai killer mafiosi. Immagini dopo tanti anni non cancellabili dalla memoria personale e civile.
Ancora oggi c’è chi finge di ignorare il contributo di Rocco Chinnici all’elaborazione del ddl presentato da Pio La Torre nel 1980 per introdurre nel CP, dopo l’Unità d’Italia, il reato di associazione di stampo mafioso e la confisca ai mafiosi dei loro beni proventi di reato.
Rocco Chinnici, assieme a Cesare Terranova e Gaetano Costa, fu tra i pionieri dell’esplorazione giudiziaria dei rapporti funzionali e organici tra mafia e sistema di potere della classe dominante (già descritti da Franchetti nel 1876). Inoltre Chinnici ha il merito storico di aver ideato il primo pool antimafia e di aver diffuso la pratica dell’educazione cultura antimafia soprattutto tra i giovani delle scuole. Orientamenti non graditi, ancora oggi, da quella parte della classe dominante che, per alimentare il suo potere, non escludono l’utilizzo della mafia della sua violenza e della sua forza corruttiva. Senza la tenacia del pool antimafia di Chinnici, che applicò subito la legge Rognoni/La Torre, non ci sarebbero stati il Maxiprocesso e il suo esito giudiziario positivo che sancì la prima sconfitta storica della mafia stragista.
Per questo ancora oggi non è nuovo il tentativo di svuotare la legislazione antimafia che ha allargato il fronte sociale e culturale antimafia e rafforzato gli stimoli per cancellare ogni protezione politica delle mafie e ignorare la pericolosità del fenomeno a livello nazionale europeo e globale la democrazia e la libertà.