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Sui sentieri della memoria per Lollò Cartisano e tutte le vittime innocenti

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“Una foto significa consegnare al futuro una parte della propria vita, di quello che si è visto, di cosa si è provato e di cosa si è sentito. Una foto non è mai impersonale ma porta con sé il mondo unico della persona che l’ha scattata”. Pensando a Lollò Cartisano queste parole incarnano tanto di più.

In una Calabria autentica quanto aspra, i sentieri della memoria e il ricordo di Lollò Cartisano mi hanno portata anni fa a scoprire l’anima più segreta dell’Aspromonte, Pietra Cappa, un monolite enorme che scruta l’orizzonte e custodisce storie di vite che parlano ancora.

Lollò fotografava spesso quel masso, lo raggiungeva fino alle sue pendici, catturandone nei suoi scatti la maestosità e i colori. Lollò amava il calcio, ma ancora di più la vita, inquadrata dall’obiettivo della sua macchina fotografica, tanto da farne il suo mestiere, libero e onesto, ma quella libertà avrebbe avuto un prezzo, quell’onestà sarebbe costata sacrificio.

Quando arrivarono a chiedergli di pagare il pizzo, lui si rifiutò e denunciò la tentata estorsione. Un gesto temerario per quegli anni, in cui il pizzo o “concime” come me la chiamò un giorno un imprenditore, che la metteva tra le voci in fattura, si pagava a tappeto.

Una sera di mezz’estate del 1993, Lollò fu sequestrato e ucciso dalla ‘ndrangheta, sua moglie lasciata tramortita e legata ad un albero. Sembrava un 22 luglio come tanti, ma per la famiglia Cartisano fu diverso, li recise d’un colpo.

Una coltre spessa di silenzio e paura calò su Bovalino e la Locride, mentre la famiglia di Lollò continuava a chiedere senza sosta verità, Deborah, la figlia meravigliosa, avrebbe organizzato di lì a poco un comitato di resistenza “Per Bovalino Libera”, facendo riversare per strada uno sciame di giovani che continuava a sperare che un territorio libero dalla ‘ndrangheta fosse possibile, un territorio che voleva mostrare a viso aperto la sua parte migliore.

Deborah inviava ogni anno a mezzo stampa lettere aperte e rivolte ai sequestratori del padre, affinchè potessero almeno farne ritrovare il corpo, ma solo nel 2003 il carceriere di Lollò, chiedendo perdono, rivelò il punto dove si trovava l’uomo ed era proprio a Pietra Cappa. Da quel momento, ogni 22 luglio, una società civile e restante si dà appuntamento per percorrere i Sentieri della Memoria per Lollò e per tutte le vittime innocenti della criminalità organizzata, per trasformare il dolore in impegno sociale in contrasto alle mafie.

La ‘ndrangheta ha strappato via le carezze di un padre, i baci di un marito. In terre sfiancate dalle mafie, non serve spiegare perché la memoria sia una memoria dovuta, e non di passaggio, non di circostanza.

Fare i conti con un passato duro e doloroso è il primo passo per azionare il cambiamento, per determinare i processi che conducono a verità e giustizia.

Non si tratta di storie individuali o familiari, come pensano in molti, che lambiscono appena la nostra apparente quiete, ma rappresentano un pezzo di storia del nostro Paese. E’ una responsabilità comune capire che occorre conoscenza e consapevolezza dei fenomeni per marginalizzarli e riappropriarsi di spazi di legalità.

E’ necessario diffondere un’idea di Memoria che superi il rischio della retorica e divenga valore collettivo, una sponda verso una cultura della “riparazione” che possa rammendare le ferite che la violenza mafiosa ha inflitto alle nostre società. La Memoria è funzione sociale, che genera conseguenze che influenzano il futuro.

Scuotere le coscienze e sensibilizzare la cittadinanza nel contrastare la sottocultura mafiosa e l’indifferenza complice, si traduce nel recuperare la nostra storia più nobile, quella di chi ha resistito e custodirne il tesoro. L’esempio di Lollò si trasformi in memoria tenace: che tenga vivo il ricordo di chi non c’è più e ne raccolga il testimone. Oggi spetta a tutti noi continuare a scrivere e fotografare quella storia, quelle storie. Perché a Lollò e a tutte le vittime innocenti non solo va tutta la nostra memoria, ma va tutto il nostro impegno.


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