Il 19 luglio Alsu Kurmasheva, giornalista del servizio delle lingue tatara e baschira di Radio Free Europe / Radio Liberty, è stata condannata a sei anni e mezzo di colonia penale per “diffusione di notizie false sulle forze armate”. Il processo si è svolto in segreto presso la Corte suprema della Repubblica russa del Tatarstan e il verdetto è stato reso noto solo la sera del 22 luglio.
Kurmasheva era stata arrestata nel giugno 2023 a Kazan, la capitale del Tatarstan, dove si era recata a trovare la madre. Inizialmente era stata accusata di mancata notifica della sua doppia cittadinanza, ai sensi dell’articolo 330.2 del codice penale: ne era seguita una lunga indagine durante la quale le era stato imposto il divieto di viaggio, terminata con una multa equivalente a circa 115 euro.
Qualche tempo dopo era stata nuovamente incriminata per non essersi registrata come “agente straniero”, come prevede l’articolo 330.1 del codice penale, un reato usato spesso per diffamare e punire le voci dissidenti. In seguito, era stata aggiunta l’accusa di “notizie false”, reato introdotto dopo l’aggressione su vasta scala della Russia contro l’Ucraina. Dall’ottobre 2023 aveva atteso l’apertura del processo agli arresti domiciliari.
Il “reato” di Kurmasheva è di aver partecipato al libro “No alla guerra: 40 storie di russi che si oppongono all’invasione dell’Ucraina”, pubblicato da Radio Free Europe / Radio Liberty.
La vicenda di Alsu Kurmasheva, così come quelle di Evan Gershkovich e di molti altri giornalisti in carcere, evidenzia la campagna in corso da parte delle autorità russe per azzerare la libertà d’espressione e il giornalismo indipendente.
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