Le drammatiche analisi sulla situazione degli sbarchi di immigrati proposte nei giorni scorsi su questo sito da Angela Caponnetto e Riccardo Cucchi servono a dare un’idea della immane tragedia che in tutto il mondo sono costretti a vivere i rifugiati. Secondo l’agenzia dell’Onu che si occupa del fenomeno sono ben 112 milioni le persone costrette a lasciare casa, affetti, luoghi cari perché vittime di persecuzioni, conflitti, violenze, discriminazioni.
E dove trovano aiuto assistenza, accoglienza? Per il 75 per cento in paesi a basso e medio reddito. Vale a dire: i poveri in aiuto dei più poveri. Le gravi responsabilità delle comunità internazionali, degli Stati che si occupano più di armi e di guerra che di solidarietà, sono state denunciate da Rosario Aitala, giudice della Corte Penale internazionale dell’Aja, della quale presiede la sezione istruttoria, intervenuto a Costa Rei, nel sud est della Sardegna, alla Festa del quotidiano Avvenire.
Con le persecuzioni che continuano ad aumentare, ha poi affermato il giudice Aitala in una bella intervista rilasciata al giornalista Massimiliano Rais, quelli che definiamo spostamenti forzati diventano vere e proprie deportazioni. Con gli Stati che si preoccupano di sostenere altri Stati che praticano guerre e violenze ci stiamo sempre più allontanando dai grandi valori del rispetto e della tutela dei diritti umani, solennemente affermati al termine della seconda guerra mondiale. E in questo modo certo non si preoccupano della stato di salute del mondo perché la spirale del terrore continua a crescere senza interruzioni. È solo una politica di pace, di rifiuto delle guerre e delle armi che potrà dare un futuro all’umanità.
Rosario Aitala è da tempo nel mirino delle autorità moscovite. Dopo aver disposto il mandato d’arresto contro Putin, ha emesso altri mandati simili contro il ministro delle difesa russo Sergei Shoigu e il capo di stato maggiore Gerosinov per i crimini commessi in Ucraina. Ora è ricercato da quelle autorità. Con lui altri 24 italiani.
Ma a quanti diversi governanti potrebbero essere rivolte le accuse del giudice Aitala, anche senza ricorrere ad atti estremi come i mandati d’arresto? L’egoismo dei Paesi ricchi, l’indifferenza verso il dolore e i rischi che vivono quanti cercano in tutti i modi di sperare in una vita migliore, la creazione di immondi lager spacciati per centri di permanenza provvisoria, sono queste le risposte da dare a quei 112 milioni di persone che vagano per il mondo per sfuggire a violenze e discriminazioni? O basta a placarci la coscienza qualche iniziativa positiva, come il drappello di rifugiati ammesso a partecipare alle Olimpiadi parigine?
Stragi in mare, violenze fisiche e morali, perdita di persone care: rischiamo di assuefarci, come se tutto questo fosse un’inevitabile conseguenza del tempo che viviamo. La nuova Europa saprà dare un segnale di svolta o sarà inesorabilmente condizionata dalla volontà politica di chi sa solo respingere? E la risposta dell’Italia quale sarà? Altri centri in Albania?