Per la prima volta dopo la guerra fredda un giornalista statunitense è stato condannato in Russia: per Evan Gershkovich, 32 anni, corrispondente del Wall street journal, è arrivata infatti, dopo un processo a porte chiuse, una sentenza a 16 anni di carcere per spionaggio, senza prove e con accuse ritenute infondate dagli osservatori indipendenti. Gershkovich era stato fermato dai servizi segreti russi a marzo 2023, mentre lavorava a un articolo sule operazioni del gruppo Wagner. Da allora è stato richiuso nella prigione di Lefortovo, conosciuta come un carcere storicamente riservato agli oppositori del regime. Secondo l’accusa, il giornalista avrebbe raccolto informazioni segrete circa un impianto per costruzioni militari nella zona di Ekaterimburg e lo avrebbe fatto per conto della Cia, i servizi segreti americani. Sia Gershkovich che i suoi legali hanno respinto assolutamente ogni accusa e secondo molti osservatori indipendenti lo scopo è usare il giornalista americano per uno scambio di prigionieri. Gershkovich è nato a New York, figlio di genitori ebrei immigrati dall’Unione sovietica e ha lavorato anche per il New York Times e per la testata indipendente in lingua inglese The Moscow Time. A diverse riprese la Federaizione europea dei giornalisti (Efj) aveva fatto appello per la scarcerazione del reporter americano, per il quale era comparso anche un alert sulla piattaforma del Consiglio d’Europa. Oggi, la Efj condanna questa sentenza e , per bocca della presidente , Maja Sever, chiede adesso la liberazione sua e degli altri 138 giornalisti in carcere in Russia.
(Disegno di Alekos Prete)