La storia è sempre la stessa: quella di Genova, fra opere, omissioni, promozioni, reintegri e coperture dall’alto di ciò che non solo non dovrebbe essere coperto ma, al contrario, dovrebbe essere contrastato con il massimo vigore. E anche l’intreccio fra i manganelli verbali, quelli contro la libera stampa che svolge il proprio mestiere, bollata dalla Presidente del Consiglio come un insieme di “portatori di interessi” animati dall’intento di danneggiare il governo, e manganelli fisici, quelli che si sono abbattuti il 6 aprile 2020 contro i detenuti del penitenziario di Santa Maria Capua Vetere (l’inchiesta, al pari delle rivelazioni sui recenti sviluppi, è di Nello Trocchia di “Domani”: non a caso, uno dei giornali finiti nel mirino), non è nuovo. Ricorda vicende di cui ci siamo occupati a lungo ma, evidentemente, non abbastanza. A chi ci domanda per quale motivo rievochiamo ancora i fatti di Genova, con i responsabili della “macelleria messicana” alla Diaz che hanno avuto sontuose carriere nonostante le condanne e le esplicite richieste in senso opposto da parte della giustizia europea, rispondiamo: perché quella è la matrice, il filo rosso che collega passato e presente, lasciando intendere quale potrebbe essere il triste futuro che ci attende qualora non dovessimo riuscire a costruire un’alternativa in tempi brevi. Aggiungiamo un particolare: l’editto bulgaro, almeno contro Biagi, non è cominciato a Sofia ma a Genova, quando la RAI impedì a Enzo di realizzare due speciali: uno sulla scomparsa di Montanelli e l’altro sull’omicidio di Carlo Giuliani e gli altri orrori che ben conosciamo. Ebbene, l’intreccio fra queste vicende si ripresenta ora, mentre i responsabili dello scempio nel carcere campano vengono rimessi al loro posto, suscitando qualche sospetto su cosa ne pensi l’attuale esecutivo di quella palese violazione dei diritti umani, e chi compie onestamente il suo mestiere di cronista finisce alla gogna. Non sono cambiati rispetto a vent’anni fa. Sono cambiati i nomi e i volti ma non le idee. Per questo, rievochiamo ogni volta quegli episodi, oltre che per connetterci con la nostra storia e ribadire l’indispensabilità di un’associazione nata proprio per opporsi a soprusi, censure e bavagli e, ahinoi, più utile adesso di quanto non fosse all’epoca.
Un altro dato dovrebbe indurre molti a riflettere. Pare che sia allo studio un nuovo gruppo di intervento, sul modello dell’ERIS francese, per sedare le rivolte nelle case circondariali. Sarà per deformazione professionale, ma a noi tornano in mente i GOM di Bolzaneto e ci vengono i brividi.
Mettendo in fila questi elementi è tutto più chiaro. L’autonomia differenziata, il premierato, l’occupazione del servizio pubblico, i continui attacchi ai cronisti sgraditi, le querele a pioggia che si abbattono contro di essi, il cosiddetto “Decreto Caivano” e le proposte riguardanti la scuola: occhio a pensare che non ci sia dietro un disegno, perché il disegno c’è ed è chiarissimo, proprio come nel quinquennio berlusconiano che ha stravolto l’Italia, cambiandola in peggio e conducendoci nella situazione in cui versiamo attualmente. Stavolta, però, anche per via del mutato clima internazionale, al crepuscolo della globalizzazione liberista e mentre ovunque ci si rende conto di quanti danni abbia prodotto, la sinistra ha un’occasione irripetibile: tornare a essere se stessa, opporsi a tutto questo e mettere al servizio della comunità un’idea radicalmente diversa del nostro stare insieme. Un’idea all’insegna della gentilezza, del rispetto reciproco, dell’accoglienza, della tolleranza, della piena attuazione della Costituzione, a cominciare dall’articolo 21, e della doverosa rieducazione nei confronti di chi ha sbagliato ma non per questo non merita di essere considerato una persona, con la possibilità di riscattarsi e di riacquisire una piena cittadinanza.
Continuare a denunciare la deriva in atto è doveroso. Unirsi affinché questa maggioranza diventi presto minoranza è una missione sociale, politica e civile che vale più di ogni ambizione personale. Speriamo che tutte e tutti ne siano coscienti.
(Nella foto il carcere di Santa Maria Capua Vetere)
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