La Palestina alle Olimpiadi. In gara per la pace

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Sono otto. I loro nomi: Valerie Tarzi e Yazan Al Bawab (nuoto); Muhammad Douydar e Layla El-Mansri (atletica); Omar Ismail (taekwondo), Fares Badawi (Judo), Wasim Abu Sal (pugilato), George Al-Salehi (tiro).

Provengono dalla Palestina, ma anche dalla diaspora. Quasi tutti sono stati invitati dal Cio. Partecipare alle qualificazioni era utopia. Difficile anche uscire dal Paese. Da Gaza impossibile. Dall’inizio dei bombardamenti israeliani nella striscia sono morti 88 atleti. Alcuni di loro potevano essere a Parigi, ieri sera, su quella stessa imbarcazione sulla quale Valerie Tarzi – sorridente – e Wasim Abu Sal – volto severo – sventolavano la bandiera palestinese.

Abu Sal è un pugile. E’ riuscito a lasciare Ramallah, in Cisgiordania, con molte difficoltà e con la paura di essere fermato. Da Amman il volo per l’Europa. E gli allenamenti in vista delle Olimpiadi. Abu Sal non nasconde il suo sogno: vuole tentare di conquistare una medaglia. “Una medaglia per il mio paese”. Sarà in gara alle 15.30 del 28 luglio nei sedicesimi di finale della categoria dei 57 Kg, alle 15,30.

Alla cerimonia di inaugurazione dei giochi indossava una camicia bianca. Sul petto disegni, disegni di bombe che piovono dal cielo, disegni di un bambino che verso il cielo invece sale.

La Palestina è all’ottava partecipazione olimpica. La prima fu ad Atlanta nel 1996, l’anno che celebrò il centenario dei giochi moderni. E il Cio volle che in quell’occasione fosse presente anche una delegazione palestinese.

Se Abu Sal non nasconde il suo sogno di salire sul podio, gli altri nutrono meno speranze e con realismo pensano al messaggio da lanciare al mondo in difesa della loro causa.

Un messaggio diretto lo ha inviato il rappresentante dell’Autorità palestinese in Francia Ala Abou Assir: “Vogliamo che si ponga fine al genocidio contro il nostro popolo nella striscia di Gaza, vogliamo che cessi l’occupazione e il regime di apartheid.”

Quando Abu Sal salirà sul ring del Roland Garros, sarà il primo pugile palestinese della storia olimpica a riuscirci. 20 anni, peso piuma, vuole esserci per sé stesso “ma anche per tutta la Palestina. Il mio messaggio è di pace. Vogliamo mostrare al mondo che siamo forti e resilienti”. Sono parole sue. Parole che ne richiamano altre, quelle di Mandela quando affermava che “lo sport è capace di abbattere barriere ed odio”. Vogliamo crederci, dobbiamo crederci.


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