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La neve in fondo al mare: un romanzo intimo e commovente sul rapporto genitori-figli

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“Adolescente e adulto sono due facce della stessa moneta. Hanno addirittura la medesima radice. Però adulto è un participio passato. Mentre adolescente è un participio presente. Capisce cosa voglio dire?”

L’adolescenza dovrebbe essere un periodo di spensieratezza, gioia e curiosità. Eppure quel periodo di costruzione identitaria e transizione alla fase adulta rischia di essere particolarmente critico, minato da crescenti incomprensioni con i genitori. Raffinato indagatore delle relazioni e dei loro risvolti più intimi, Matteo Bussola con il suo ultimo, toccante romanzo “La neve in fondo al mare” edito da Einaudi nella collana Stile Libero (192pp, 17 Euro), esplora il complesso rapporto tra un padre – Tano, e un figlio – Tommaso, catapultando il lettore in un reparto di neuropsichiatria infantile. Intorno a loro a popolare quelle stanze e quei corridoi, altri genitori e altri figli uniti da problemi di comunicazione, idiosincrasie e un’enorme fragilità che accompagna il loro percorso caratterizzato da continue altalene emotive, miglioramenti e ricadute, speranza e sconforto. Un pugno di personaggi strazianti e bellissimi: Eva, una ragazza in fase regressiva che ha fatto lievitare il suo corpo triplicandone il peso e facendone perdere i contorni, accudita da sua madre Amelia; Giacomo ‘Gap’, che nel periodo pandemico ha conquistato i social con video divertenti ma che poi, ad emergenza finita e a fronte di un drastico calo dei ‘follower’, ha tentato il suicidio; Marika, una ragazza che pratica autolesionismo, con suo padre Franco, arrabbiato e insofferente verso tutto e tutti; infine l’undicenne dalla faccia d’angelo, Nicholas, che non sa gestire la rabbia ed è stato ricoverato dopo avere aggredito sua madre Elena che porta ancora in viso i segni dell’accaduto.

E poi c’è Tommaso. Ha 16 anni e si trova lì dopo aver ingoiato un numero eccessivo di pasticche per il dimagrimento. Da ormai quasi 3 anni soffre di anoressia nervosa. Il suo corpo, ormai ridotto all’osso è il segno tangibile del suo rifiuto del mondo, dal quale sta cercando di sparire. Accanto a lui in quel letto di ospedale c’è suo padre Tano – la madre Grazia è a casa con le due gemelle più piccole –, un ingegnere abituato a guardare alle cose con un approccio razionale che di fronte all’imponderabilità della malattia di Tommy si trova sgomento e cerca di scandagliare il passato per ritrovare il momento in cui qualcosa nel meccanismo si è inceppato. Bussola con maestria, attraverso la voce di un padre disperato, fotografa il momento in cui genitori e figli smettono di riconoscersi e comunicare. Ripercorre l’infanzia di Tommy, dalla ricerca di approvazione all’ossessione di primeggiare, a scuola come nel nuoto. I ricordi di Tommaso, al tempo un bambino felice che lui accompagnava in piscina, si scontrano con un presente drammatico, lo stesso che ritrova negli occhi dei genitori che con lui condividono il reparto con i quali si confronta nei rari momenti di ‘libertà’ davanti al distributore di caffè, senza alcun infingimento, consapevole che il loro inferno è in tutto simile a suo. Anche tra i ragazzi, benchè lì per motivi differenti, spesso scatta un senso di solidarietà e di appartenenza.

E infine Bussola racconta la paura che accompagna la gioia delle dimissioni e del rientro a casa, quasi l’ospedale rappresentasse comunque uno spazio protetto rispetto al mondo esterno, in cui tutto potrebbe accadere. La neve in fondo al mare è un racconto corale su cosa voglia dire essere genitori ed essere figli in momenti di particolare difficoltà. Le pagine trasudano di quell’amore incondizionato che i genitori provano verso i propri figli ma anche dei sensi di colpa e della disperazione che la malattia di un figlio porta inevitabilmente con sé, lasciando però un barlume di speranza perchè a volte basta poco per ricucire una relazione, in modo più forte e autentico di prima.


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