Il vino della vergogna a Jesolo

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Ho trascorso qualche giorno al Lido di Jesolo con mia figlia e la mia nipotina. Non ci tornavo da quando ero bambina e al di là dell’opulenza mostrata in tutte le sue forme – moltiplicati i ristoranti, alberghi e negozi, moltiplicata la quantità di merce esposta e le opportunità di intrattenimento, mi è sembrato di fare un salto nel passato. Lo stesso bar con i tavolini all’imbocco della spiaggia come allora, lettini e ombrelloni assegnati, padri svogliati sul bagnasciuga a costruire castelli di sabbia con i loro figlioli, madri accanite a riempirli di crema solare e pure il tipo che passa urlando “Coccoooooo, coccobelloooooo”. Solo le conchiglie sono molte di meno di quando ero bambina io. Dopo le giornate trascorse più o meno uguali, anche la sera si replicava con le cosidette “vasche”, passeggiate avanti e indietro tra i negozi iesolani. Ieri sera nell’addentrarmi in uno della miriade di questi ed esattamente quello che porta esternamente la scritta OASI MARKET e fa angolo fra la via Levantina e la via Sacile, mi è successa una cosa che credo valga la pena di raccontare.  L’indomani saremmo tornate a Milano e la mia nipotina insisteva perché era rimasto indietro il regalo per il papà.  Bene, sembrava proprio che quel negozio   facesse al caso nostro; da fuori sfoggiava di tutto, retine da pesca, ciambelloni da spiaggia, carrozzini per bambole, bandiere e molto altro ma lasciava intravedere al suo interno anche bottiglie di vini e liquori: magari potrebbe essercene stata una di produzione locale che mio genero avrebbe apprezzato. Addentrandomi tra gli scaffali ci ho messo un attimo a capire se quello a cui mi trovavo di fronte fosse vero o se avessi solo preso troppo sole.

Su di un ripiano se ne stavano in bella mostra una ventina di bottiglie con sull’etichetta, l’effige di Mussolini fotografato in varie pose. Non faccio tempo a riprendermi contemplando il duce col fez, mentre fa il saluto romano, piuttosto che con le mani sui fianchi o dal balcone di palazzo Venezia, che realizzo essercene altrettante al piano superiore nientemeno con l’effige di Hitler! Non scherzo, di Hitler! Anche lui ripreso nei suoi momenti migliori. Sono Basita. Si sa, di questi tempi Mussolini ce lo si può pure aspettare, dato il clima di ambigua tolleranza che si respira con questo governo, Ma Hitler no VIVADDIO!  Ma ce l’abbiamo un po’ di memoria? Sotto  c’è un cartellino con scritto a penna NO FOTO. Me ne frego e tiro fuori il telefonino. La signora alla cassa alza la voce. “Non si possono fare foto”. “E perché scusi?” “Perché lo dico io e questa è casa mia” “No signora questa non è casa sua, questo è un pubblico esercizio”. “Comunque sia, lei le foto non le fa”. “Ma perché, forse si vergogna?” “E’ lei che dovrebbe vergognarsi”.

A questo punto decido davvero di fregarmene e mi rigiro verso quello schifo per documentarlo. Niente da fare. Un signore che ha tutta l’aria di essere il marito, mi mette il cartone che ha in mano davanti all’obbiettivo. Cerco di oppormi ma l’ha vinta lui. Ripetendomi che non si possono fare foto avanza verso di me obbligandomi in direzione dell’uscita mentre la presunta moglie continua “Si vergogni, si Vergogni.” Appena fuori mi viene da sputare per terra.


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