Quando un paio di generazioni, come la mia, sono prese dal rimpianto dei tempi andati anche per quanto riguarda la politica, un buon antidoto è ricordare che in quei tempi andati, dal dopo guerra ala metà degli anni novanta, abbiamo vissuto in un’Italia dei misteri irrisolti (ancora oggi), delle stragi di stato, delle logge massoniche, dei più torbidi legami fra mala vita e politica.
Lo dico pensando alle parole di Giulio Andreotti alla notizia dell’assassinio di Giorgio Ambrosoli la notte fra l’11 e il 12 luglio del 1979, per mano di killer mafiosi. Ucciso sotto casa di sera, sparandogli alle spalle.
Il comune di Milano e Libera lo ricordano ogni anno e con più eventi in questo triste quarantacinquesimo anniversario. Ma mi chiedo cosa sappiano i giovani di questo autentico eroe, un avvocato di famiglia borghese, di cultura liberale, lontano da legami con la politica e da salotti trasversali, lontano, si direbbe oggi, dai poteri.
Giorgio Ambrosoli fu ucciso perché lasciato solo dalla politica che non voleva scoperchiare il fetido vaso di Pandora degli intrecci criminali con la mafia attraverso il bancarottiere Michele Sindona. Pressioni su Ambrosoli ne furono fatte in ogni modo. Suo figlio Umberto, in un bellissimo libro di ricordi, scrive che il padre aveva lasciato a sua mamma, pochi mesi prima dell’omicidio, una lettera in cui dichiarava di sapere il rischio che correva e ne era stato consapevole dal primo momento ma non si lamentava perché era una occasione unica per fare qualcosa per il suo paese. Qualunque cosa succeda.
Di questo testo, soprattutto oggi, colpisce l’orgoglio di un uomo, di un cittadino italiano, di voler fare qualcosa per il suo paese per combattere l’illegalità, il crimine, il malaffare, fino a sacrificare la propria vita.
Echeggiano le parole di Kennedy, non chiedetevi cosa può fare l’America per voi ma cosa potete fare voi per l’America. Ambrosoli lo fece. Fu perfino schernito. Qualunque ricordo è sempre poco per un italiano così di cui ognuno di noi deve essere orgoglioso e soprattutto chi, come la nostra comunità, ha come modelli quei concetti di onestà, trasparenza, rifiuto di ogni rapporto con il malaffare e di ogni minaccia alle proprie libertà, ai propri diritti. Giorgio Ambrosoli era proprio tutto questo.