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Gente che rinuncia

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Persino Franco Battiato ne parla. Della rinuncia, del passo indietro. Lo fa nella canzone “Sesso e castità”, dove ad un certo punto si chiede: “Chissà perché avrò abdicato con te”. E io, che ho ricontrollato il verso solo per scrivere questo articolo, ho sempre capito “abdicato da”, che forse mi piaceva persino di più. Perché ancora di più dava il senso della rinuncia a qualcosa, che mi ha sempre affascinato, perché rinunciare può avere le sue alte ragioni e la sua poesia. Così il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che con una lettera che porta la sua firma in filigrana ha rinunciato alla corsa alla Casa Bianca, mi ricorda una volta di più che non c’è nulla di deplorevole nel cedere. Chi è in crisi, chi soccombe, chi porta le tracce della rinuncia nei suoi comportamenti può insegnare tanto. Non sono per l’elogio insistito della forza a tutti i costi o per colpevolizzare chi è debole. La vicenda di Biden a modo suo mi ricorda questo, che la vita per definizione è complessa, ambigua, ha la cifra dell’irreparabilità, della perdita, del deterioramento. Forse ogni tanto distrattamente bisogna pensarci.

Va dunque accettata e approfondita, sviscerata, sfrugugliata la lezione della rinuncia, dell’allontanamento volontario dal potere, in questo caso. Va ritrovata anche prima di Cristo. E nel IV secolo d.C. Un po’ come Biden infatti non hanno usato la logica dell’ a muso duro a tutti i costi, dei denti stretti a tutti i costi per esempio due grandi protagonisti della storia romana, Silla “di Mario e Silla”, come li ricordano di solito gli studenti!,  e Diocleziano, l’imperatore che si è inventato il sistema politico della tetrarchia.

Lucio Cornelio Silla (79 a.C.), dopo aver vinto i popolari Mario e Cinna (suocero di Cesare) e aver eliminato gli avversari politici con le liste di proscrizione, dopo aver trasformato la la respublica in una oligarchia e aver assunto la dictatura, dopo il secondo consolato ed essersi fatto chiamare Felix, fortunato, abbandona il potere. Ancora oggi gli storici si chiedono perché lo abbia fatto e si sia ritirato a vivere in Campania, lontano dalla città di cui la sua gens era illustre rappresentante. Forse pensava di aver creato un sistema che avrebbe consentito alla vecchia nobilitas di governare senza problemi. Cosa che non sarebbe avvenuta, ma questa è un’altra storia.

Qualcosa di simile fa Diocleziano, soprannominato Iovius, protetto da Giove. Dopo aver creato una forma di governo in teoria perfetta, la tetrarchia, convince il suo collega  Massimiano, Augusto d’Occidente, ad abdicare con lui nel 305 d.C. I due Augusti pensavano infatti di poter essere degnamente sostituiti dai due Cesari ( la tetrarchia funzionava in questo modo) Costanzo Cloro e Galerio. Ma non sarà così nemmeno nel loro caso perché si scatenerà una guerra civile, Diocleziano più volte verrà sollecitato a ributtarsi nella mischia e anche questa sarà un’altra storia.

Raccontata in questa maniera la storia della rinuncia di Silla e Diocleziano forse farebbe salire il magone a Biden. Invece semplicemente il loro dopo sarà diverso, sarà l’inizio di qualcos’altro: il dopo sarà rappresentato dall’impero di Augusto e dal  cesaropapismo di Costantino.

E a consolare Biden, a fargli sentire la comprensione e l’apprezzamento da parte di tanti nei confronti della sua scelta, forse può tornare utile il mito antico. Raccontare a lui e a noi qualcosa di bello e universale e poetico. Il mito dei gemelli Castore e Polluce, per esempio, mortale il primo, immortale il secondo perché solo il secondo era figlio di Zeus. E quando Castore muore, Polluce fa la sua scelta. Rinuncia alla immortalità per non doversi separare dal fratello. Come rinuncia alla vita perché abbia indietro la sua il marito l’eroina Alcesti, che si sacrifica per lo sposo, Admeto, che non voleva morire e aveva chiesto persino ai suoi genitori di morire al posto suo.

Che bello essere gente che rinuncia così.


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