Fronte popolare? Mah… Preserviamo il pensiero critico

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Per la prima volta dopo tanti anni non sarò alla festa di Articolo21 e mi dispiace. Mi dispiace non solo non esserci, ma anche non esserci per motivi sanitari. Proprio per questo, vista l’aria che tira, mi permetto di provare a scrivere quel che avrei chiesto ad Articolo21 nel tremendo momento presente. Di preservare il pensiero critico, e quindi di non aderire.

Queste voci di Fronte Popolare all’italiana le capisco, ma per me servono a poco. Il punto anche questo “Fronte Popolare” non è contro chi sia, ma per che cosa sia. E su questo le idee credo siano diverse.

Il problema è capire cosa sia successo, cosa abbia uniformato il pensiero, vedo il rischio davvero di un pensiero unico. Dobbiamo tornare all’ 89, al crollo del Muro del Berlino. Pensavamo di aver vinto anche noi, e invece si è diffusa l’idea che ci sia una sola cultura globale, il liberismo, e bisogna uniformarsi. La Cina non è forse comunista e liberista? E noi? Siamo tutti liberisti, salvo l’estrema destra, che essendo stata da allora sempre e solo all’opposizione ha egemonizzato il discontento sociale senza offrire una ricetta alternativa. Che infatti ora che va al potere dimostra di non avere.

Questo è il primo muro: “bisogna tagliare per salvare i conti pubblici”. Ok. Ma come tagliare? Da sotto, hanno risposto tutti, incluse le sinistre. Mai da sopra. E’ più facile tagliare da sotto, lì ci sono milioni di persone, basta togliere un po’ a ciascuno di loro e si è fatto un bel gruzzolo. “Ma non basta, bisogna ancora tagliare per salvare i conti pubblici”. E come? Allo stesso identico modo.

Il rigore economico ha reso questi tagli potature sociali. Ma non basta a capire perché la sinistra si sia presentata come “tagliatrice” (basti citare Macron) o massimalista (come l’estrema destra), nel senso che si opponeva a questa mattanza ma senza offrire mai una visione di bene comune. Solo una montagna di no.

Il liberismo poi è entrato nella carta d’identità della sinistra per una dilatazione un po’ strana dei diritti civili: si è cioè inseguita un’idea per cui ognuno è padrone di fare come ritiene. Se non va bene in economia, non va bene neanche nella vita sociale. La libertà per me vuol dire diritti, che appartengono a tuti, non a chi può permetterseli. Penso al diritto degli omosessuali ad essere ciò che sono, ad amare. Non c’è forse il diritto all’amore? Su questo andavano incalzate soprattutto le Chiese, seguendo il grande esempio di papa Francesco e di quelle parole: “chi sono io per giudicare?” Questa è la strada del pensiero critico. Basta giudizi, basta arrogante presunzione di conoscere la Verità. Altra cosa però è il desiderio. Anche io vorrei una villa al mare; non ce l’ho e non è un mio diritto.

E arrivo così alla richiesta che faccio da vecchio amico all’assemblea alla quale non potrò partecipare: il problema è la paura! Denunciamo la paura e i suoi pifferai! Oggi le nostre società hanno paura, paura di essere invase da una montagna di profughi che ci toglieranno tutti. E’ questa la vera emergenza sulla quale il pensiero critico deve uscire allo scoperto, combattere senza armi se non quelle della comprensione. Chi ha paura va accudito, aiutato, curato. Criticando il pensiero unico. E come?

Innanzitutto facendo vedere quell’esercito che ci invade: senza armi, in poveri stracci. Parte così l’invasore? Ecco allora l’urgenza di denunciare i più feroci nemici di questi “invasori”: sono i satrapi che foraggiamo, dal tunisino al turco, dall’egiziano al siriano. Se fossi potuto venire avrei detto solo una parola: Mediterraneo! Lì si gioca il nostro futuro, contro i satrapi, con i popoli che tormentano.  Solo un grande progetto Mediterraneo può ridarci quella che molti invocano a parole: la pace.


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