Fraternité

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“Dopo l’irresponsabile decisione del Presidente della Repubblica di sciogliere l’Assemblea Nazionale, spetta ora agli elettori impedire che il Rassemblement National salga al potere e respingere il più possibile l’estrema destra e la sua ideologia basata sulla discriminazione, sulla stigmatizzazione e sul rifiuto di intere categorie della popolazione”.
Se volete capire cos’è successo in Francia dovete partire dalle parole di questo editoriale. Lo pubblica venerdì scorso Jerome Fenoglio direttore di Le Monde un grande giornale che detto fra parentesi ha saputo affrontare con successo pure il passaggio da carta a digitale.
Ve le immaginate parole così in bocca ai nostri direttori e opinionisti tutti furbizia e opportunismi, sudditanza politica, un colpo al cerchio e uno alla botte? Fenoglio non fa sconti a Macron (irresponsabile) ma si appella a elettrici e elettori. In nome di che cosa? Della lotta contro le discriminazioni e la xenofobia, “proteggiamoci dal peggio”, scrive.
Se dovessi definire cos’è lo spirito repubblicano francese recupererei tre concetti: la parola rivoluzionaria “fraternité”, una idea profonda di solidarietà, contro il razzismo, il no a chi mette gli uni contro gli altri. Poi un’idea di impegno civile, dello Stato come casa comune. Per terzo ( ma non ultimo) l’antifascismo. Lì la Resistenza l’hanno fatta insieme gollisti e comunisti, esiste una tradizione di destra che si richiama alla lotta ai nazi fascisti. Non li vogliono capi di governo e ministri che il giorno della Liberazione si girano dall’altra parte o demonizzano chi va in piazza.
E’ stato questo “substrato culturale”, questo inconscio profondo del paese che ha consentito il “miracolo” del 7 luglio: le piazze piene di manifestanti, moltissimi giovani, il rifiuto di una regressione reazionaria, la capacità di unirsi di una sinistra che fino a allora (come accade da noi) aveva saputo soprattutto dividersi. Ma unirsi su cosa? Su un programma dal forte connotato sociale, abrogazione della riforma delle pensioni, salario minimo, patrimoniale per i super ricchi. Tutte cose invise ai nostri “politici e opinionisti liberal” quanto all’estrema destra di governo. Qualsiasi successivo passaggio politico è da qui che dovrà ripartire. Cosa accadrà lo vedremo giorno dopo giorno. Ma la cosa importante è già accaduta, la svolta verso una “deriva italiana” il popolo francese l’ha fermata.
Solo due appunti finali. Andate a vedervi i risultati nelle grandi città come Lione e Parigi. Dicono (e non hanno tutti i torti) che la eterna sconfitta Le Pen interpreti la Francia profonda. Ma la periferia di Parigi cos’è? E’ la Francia dei ricchi? Nella capitale la destra non tocca palla: c’è una società viva che guarda al futuro, non al passato, non è amorfa o rassegnata.
Da ultimo il sistema elettorale. Dico solo una cosa. Nei collegi i francesi conoscevano i nomi e le storie dei candidati e in molti casi hanno scelto le persone. Noi siamo stati privati ( non dalla destra) anche di questo diritto. Alle politiche andiamo a votare senza sapere chi eleggiamo.
Mettete in fila ora le considerazioni contenute in questi appunti veloci, dal ruolo della libera informazione, allo “spirito costituzionale”, al rapporto con lo Stato, coi diritti, con le regole. Non si disegna un programma politico culturale anche per noi? Progressisti si è sulle cose concrete. La Francia indica una prospettiva, una strada possibile. Chi vuole oggi ce l’ha sotto gli occhi.

Immagine di copertina, Parigi – Place Stalingrad, 7 luglio 2024 (Liberation)


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