“Dopo Genova, per fortuna, la vita è andata avanti”. Intervista con Norman Blair

0 0

Alla vigilia del ventitreesimo anniversario dell’orrore di Genova, ne abbiamo parlato con Norman Blair, una delle vittime del duplice scempio che ebbe luogo alla Diaz e nella caserma di Bolzaneto.

Oggi vive a Londra, si occupa di Yoga ed è un uomo in pace con se stesso e col mondo. L’impegno politico e civile, tuttavia, non lo abbandona e non lo abbandonerà mai, com’è giusto che sia. Fra ricordi, aneddoti e riflessioni sull’attualità, comprese le recenti elezioni nel Regno Unito, Norman si rivela un punto di riferimento per la comunità. E qui si racconta, a cuore aperto e con straordinaria autenticità.

Quando sei arrivato a Genova insieme alla tua comunità e quando hai deciso di partecipare alle proteste contro il G8?

Ricordo che seguii con molta attenzione il movimento che si sviluppò a Seattle nel ’99, quando si cominciava a capire che il modello di globalizzazione capitalista fosse insostenibile, e pertanto la decisione di venire a Genova fu quasi naturale. Genova, peraltro, non è poi così lontana da Londra. La nostra decisione fu, dunque, consapevole: volevamo portare i nostri corpi nelle strade per manifestare in nome di un ideale anti-capitalista.

Quando decideste di fermarvi a dormire alla Diaz?

La Diaz fu nella notte fra il sabato e la domenica…

esattamente: fra il 21 e il 22 luglio 2001.

Ci era stata consigliata quella scuola, che era ritenuta uno dei luoghi più sicuri della città. E invece… dopo la mattanza, fummo portati nella caserma di Bolzaneto e lì iniziò un altro incubo.

Quale aspetto ti ha colpito maggiormente della violenza che hai subito in Italia?

Senz’altro l’omicidio di Carlo Giuliani venerdì 20: quello è stato uno spartiacque.

Le violenze sono state continue, direi sistematiche: prima e dopo i fatti della Diaz, per tutta la durata del vertice.

Devo dire che eravamo preparati alle violenze che sarebbero state messe in atto per fermare la nostra protesta, ma non pensavamo che potessero arrivare fino a questo punto.

Parlami della tua esperienza alla Diaz. Era mezzanotte, ti trovavi all’interno dell’edificio e avvenne l’irruzione della Polizia…

Ero insieme a molte altre persone, alcune inglesi come me. Ricordo che sentimmo dei rumori molto forti, urla furiose e vetri che andavano in frantumi e poi avvenne l’irruzione vera e propria. Da quel momento in poi, ci fu un’immane violenza contro chiunque capitasse loro a tiro.

Alcuni opinionisti hanno affermato che alla Diaz sia stata distrutta un’idea di pace e persino d’Europa e di convivenza fra le persone, con riflessi drammatici su un’intera generazione. Qual è la tua opinione in merito?

Non sono d’accordo. C’è stato il dolore, c’è stata la violenza, ma le proteste non sono finite a Genova. Certo, dopo Genova eravamo sotto shock, ci mancherebbe altro, ma la battaglia per una società più giusta è andata avanti. Il movimento anti-capitalista non si è arreso, nonostante Genova e l’11 settembre.

Gli attentati contro le Torri Gemelle e il Pentagono…

Esattamente. Siamo andati avanti nonostante tutto, persino a dispetto della guerra al terrorismo che sarebbe stata scatenata di lì a poco con i bombardamenti su Afghanistan e Iraq e tutte le conseguenze che ne sono derivate a livello planetario.

È la famosa “guerra infinita e indefinita” di cui si parlava sotto i tendoni dello stadio Carlini nei giorni che precedettero il G8. Cosa ne pensi del disastro mondiale cui stiamo assistendo, in particolare con le guerre in Ucraina e in Medio Oriente?

Io continuo a credere nella pace, al netto di tutto ciò che sta accadendo in giro per il mondo. Sembra quasi una seconda guerra al terrorismo: siamo al cospetto di un’enorme distruzione, di diritti umani e leggi internazionali calpestati in più di un paese. Tutto questo pare un nonsenso, ma purtroppo il senso c’è eccome.

Parlami della tua esperienza nel lager di Bolzaneto.

È stata una delle esperienze più tragiche della mia vita! All’ingresso c’erano due bagni e ricordo bene i trattamenti inumani e degradanti che abbiamo subito, fra urla, insulti e violenze d’ogni sorta, e quelle psicologiche sono peggio di quelle fisiche, credimi. Ricordo i calci nelle gambe per farcele divaricare maggiormente, ricordo un agente che sputò attraverso la finestra contro Daniel McQuillan, peraltro dopo che era stato costretto a tenere le braccia alzate benché avesse un polso rotto, e ricordo che in infermeria, durante la perquisizione, fui colpito da un forte schiaffo a mano aperta. Un inferno!

Le violenze contro le donne erano soprattutto di natura psicologica, basate su insulti ferocissimi.

Me lo ricordo bene! Dalle finestre ci dicevano di tutto e non è che dentro la situazione fosse migliore, anzi. Gli agenti si supportavano a vicenda per renderci la vita impossibile.

Hai avuto paura di morire durante quell’esperienza?

Posto che di paura ne ho provata tanta, più che di morire il mio timore era legato al fatto che la situazione fosse del tutto fuori controllo, anche perché la Diaz è stata una tragedia quasi immediata mentre la permanenza a Bolzaneto è durata parecchie ore.

Com’è cambiata, da quel momento, la tua vita?

Quell’esperienza è stata terribile, ma la vita per fortuna è continuata. Dopo l’attacco al World Trade Center, ci siamo domandati: cosa succede se? E in quella domanda sono racchiuse anche molte risposte. Io ho mantenuto un vivo interesse per la cosa pubblica e non intendo accantonarlo: questo è l’aspetto più importante.

Cosa ne pensi della situazione politica nel Regno Unito dopo la Brexit e le recenti elezioni?

Per fortuna, è finita una stagione alquanto grigia per il nostro Paese. Vediamo come se la cava adesso Starmer e il suo Labour! Per quanto mi riguarda, mi ostino a promuovere battaglie e politiche ambientali e, come si dice in Italia, “la lotta continua”.

Com’è nata la tua passione per lo yoga?

È nata negli anni Novanta, dal mio grande amore per la meditazione. Poi, sei mesi prima di Genova, sul finire del 2000, ho deciso di trasformare questa passione in un lavoro. Quest’attività per me è essenziale.

Quali sono oggi i tuoi sogni e le tue speranze, per te e per la tua famiglia?

Una società e una vita sostenibile per tutte e per tutti, a ogni livello.

Sei ottimista o pessimista per il nostro futuro?

Non voglio essere né troppo ottimista né apocalittico. In Italia, ad esempio, d’estate fa un caldo insostenibile. Ebbene, senza lasciarsi travolgere dal pessimismo, bisogna tenere alta l’attenzione sui cambiamenti climatici perché rendono il pianeta invivibile per chiunque.

Sei mai tornato a Genova al di là dei processi? Ci torneresti?

Perché no? Con grande piacere, è una splendida città!


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21