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Cinquant’anni di sconfitte. Oggi: “La libertà è astensione”

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Una lieta occasione stride col doloroso presente. La ricorrenza dei cinquant’anni dal diploma è stata una festa straordinaria, piena di gioia e di esilaranti ricordi. Ma partendo già da quell’esame di stato si comincia a ripercorrere l’abisso dove siamo precipitati. Spero che gli ultrasessantenni ricordino il tema d’esame 1974: “La libertà è partecipazione”. Riprendendo una stupenda canzone di Giorgio Gaber, si poneva il tema di entrare dentro i meccanismi della democrazia. Oggi?

Nel 1974, dopo l’ennesimo tentato golpe, ci fu, invece, un vero e proprio fermento partecipativo, che aveva dato un risultato eclatante nel maggio, con la vittoria del “No” nel referendum che le destre avevano orchestrato per l’abolizione della legge sul divorzio. Poi ci furono un insieme di eventi nazionali e internazionali che ci diedero una speranza di cambiamento.

Nel 1975 il Vietnam sconfisse definitivamente il colonialismo, dopo una guerra trentennale. In Italia si ebbe la vittoria delle sinistre alle amministrative. Nel 1976 le elezioni politiche avevano messo le premesse per la realizzazione del “Compromesso storico”, che era l’unica forma possibile di governo progressista che evitasse l’ennesimo golpe in “salsa cilena”. Nel 1977 i giovani studenti ripresero le proteste e le richieste Poi si organizzò la reazione cavalcando i terrorismi.

Nel 1978 l’evento che fu lo spartiacque tra la speranza e la disperazione: il delitto Moro. Dopo di lui furono eliminati fisicamente e politicamente tutti gli esponenti che credevano in un progresso democratico e parlamentare della nostra nazione. L’ultima speranza fu l’elezione di Sandro Pertini, sempre nel ’78, che, anche nelle canzonette, era un partigiano-presidente. Certamente antifascista. Lo stesso anno fu eliminato Papa Luciani, sostituto da un cardinale che poi subì un attentato da un terrorista che lo motivò con il fatto che “Era stato voluto dagli USA”.

Nonostante la scoperta della loggia massonica P2, nulla si fece di concreto per evitare che si attuasse il suo programma massonico-mafioso. A Pertini seguì un presidente che era ministro degli interni durante il delitto Moro. Questo politico molto vicino allo statista pugliese, fu l’unico sopravvissuto della corrente. La sua presidenza fu intesa come un premio di infedeltà.

Oggi nessuno crede più alla libertà di opinione, non essendocene a disposizione tante, di opinioni. Fosse in vita Giorgio Gaber potrebbe titolare con “La libertà è astensione”.


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