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Rai, Vespa senza vergogna

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Vergogna non ne ha mai provata, figuriamoci ora che Bruno Vespa ha 80 anni e una intesa con la presidente del consiglio perfino superiore a quella che ebbe con Silvio Berlusconi.
Dal gennaio 1996, anno in cui Letizia Moratti diede il via a Vespa per il suo “Porta a porta”, questo insopportabile talk show è stato accettato acriticamente da tutta la politica, di ieri e di oggi, e ribadisco “tutta”, e dalla maggioranza dei giornalisti italiani quasi come una ineluttabilità.

Porta a porta vide la luce dopo il tonfo clamoroso di Vespa al TG1, sfiduciato e di fatto cacciato dalla redazione, a prevalenza democristiana, per l’arroganza, la faziosità fin dal primo vagito di “Forza Italia”, e per la totale incapacità di gestire una squadra perchè abituato a fidarsi solo di se stesso e a non rispettare i diritti di una redazione. L’Usigrai al tempo le redazioni le tutelava fino alle battaglie più dure, e le assemblee di redazione lasciavano un segno profondo. Il gruppo dirigente di quella Rai senza partiti (perché non esistevano più in Italia, negli anni di tangentopoli) i cosiddetti “professori” restano gli unici a non aver ceduto a Vespa e alla sua nota e sempre dimostrata predisposizione a mettersi al servizio del potente di turno.

Memorie lontanissime. Da 28 anni la stampa si è prostrata insieme alla politica al salotto definito “la terza camera” dello stato –cosa che fa orrore a sentirlo- si è rassegnata a recensire gli annuali libri di Vespa sui potenti visti da vicino, ha dimenticato la poltrona e la cartina offerte a Berlusconi per firmare il contratto con gli italiani, l’intervista senza domande al figlio di Totò Riina, i plastici del delitto di Cogne, la tifoseria di Vespa per tutto ciò che sa di destra fino alla difesa del più indifendibile degli indifendibili, Vannacci, insultando il giovane deputato del PD Marco Furfaro.
Mentre il governo Meloni si accinge a celebrare il G7 in un resort lussuosissimo, casualmente ideato e realizzato a suo tempo da un condannato di tangentopoli, Sergio Melpignano, che patteggiò 18 mesi di reclusione (ora lo gestisce sua moglie) e a brindare con il vino prodotto da Vespa (già utilizzato sull’alta velocità dalle ferrovie dello stato), sarebbe il momento che qualche politico si ricordasse che si può rifiutare di partecipare a “Porta a porta” e che si può fare democraticamente una battaglia parlamentare contro la faziosità di Bruno Vespa. Lo stesso giornalista che si fece subito portavoce delle accuse a Pietro Valpreda dopo la strage di Piazza Fontana, in quel lontanissimo 1969 in cui il peggio dell’oggi è cominciato.

 

 

 

 

 


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