Le nomine Rai fatte dal Governo e dalla maggioranza: primo passo verso il Premierato

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In questi giorni Governo e Parlamento si accingono a nominare i vertici Rai: Amministratore delegato, Presidente e consiglieri. I dipendenti hanno già nominato il loro rappresentante. Il sistema delle nomine Rai previsto dal Testo Unico sulla radiotelevisione (TUSMA) presenta profili di illegittimità costituzionale ai sensi della sentenza n.225 del 1974. La legge Gasparri e la legge Renzi le avevano disegnate secondo questo modello nel 2004 e poi nel 2015.

Oggi questo sistema di governance si pone in contrasto con il Freedom act (EMFA): il regolamento europeo che impone a tutti i servizi pubblici radiotelevisivi, indipendenza nel governo e nel finanziamento e trasparenza nelle nomine secondo criteri predeterminati e non discriminatori. Tra meno di 15 mesi i paesi europei che non si adegueranno a questo regolamento si troveranno automaticamente in procedura d’infrazione.

Alcune persone (Nino Rizzo Nervo, Stefano Rolando, Patrizio Rossano e Giulio Vigevani), dotate di importanti curricula e fiancheggiati fa un gruppo di associazioni della società civile (Articolo 21, FNSI, CIGIL, Infocivica, Tv mediaWeb, Moveon ecc) hanno presentato ricorso al TAR chiedendo che le Camere si attengano nella scelta dei candidati a ben precise “procedure di selezione” così come prescrive l’art.63 della legge in vigore.

È inaccettabile che si ripeta quanto avvenuto nel 2018 e nel 2021 quando si adottò un sistema di pura discrezionalità nella scelta dei candidati. Ci si limitò allora ingiustamente a considerare i soli candidati proposti dai partiti, trascurando anche una pur minima comparazione tra tutti coloro che avevano risposto al bando pubblico publicizzato sui siti delle Camere.

I ricorrenti hanno avanzato domanda cautelare (per sospendere la procedura in corso), hanno sollevato questione di costituzionalità richiamando il chiarissimo indirizzo della Corte e hanno anche chiesto che non si proceda in alcun modo al compimento di un atto che si porrebbe frontalmente in conflitto con l’Europa, con inevitabile procedura d’infrazione.

Il TAR ha accolto l’istanza fissando una riunione ad ottobre per esaminare direttamente il merito della complessa questione. I ricorrenti, in mancanza di un’esplicita sospensione e nel timore che l’udienza ad ottobre possa arrivare in ritardo, assumeranno nei prossimi giorni le iniziative giurisdizionali più appropriate per anticipare quel giudizio e nel frattempo sollecitare l’attenzione dei partiti per dissuaderli dal partecipare, nelle more del giudizio, al compimento di  un atto potenzialmente illegittimo.

Al fine di sensibilizzare anche l’opinione pubblica le associazioni citate ed i ricorrenti intendono promuovere, nei giorni immediatamente successivi alle elezioni europee, una riunione pubblica con i massimi esperti in materia e con i giornalisti per indicare la strada da percorrere per rispettare i nostri principi costituzionali e le imperative norme europee.

Non sfugge a nessuno che a partire dall’11 giugno il dibattito sulla riforma del Premierato entrerà nella sua fase più calda con l’esame dell’elezione diretta del Capo del Governo e con i nodi della legge elettorale, tuttora misteriosa. L’uscita dalla forma di governo parlamentare e la concentrazione assoluta di poteri in capo ad una sola persona potrebbe cominciare a prendere forma.

Il rischio vero è quello che con un’accelerazione del percorso delle nomine Rai, Governo e maggioranza vogliano fare una mossa spregiudicata verso una concentrazione di poteri in capo al Presidente del Consiglio proprio nel campo più delicato dell’informazione del Servizio pubblico.

È certo che questa mossa avverrebbe in spregio ai principi costituzionali fondamentali ed anche a quelli europei solennemente enunciati.

Di fronte a questo rischio che anticipa una riforma costituzionale sul Premierato estremamente preoccupante, una forma di resistenza in tutte le sedi non è solo opportuna, ma decisamente doverosa.


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