Il metodo utilizzato da quella redazione, un collettivo di lavoro serio, abituato ad un’attenta verifica di ogni parola, è assolutamente corretto.
Quando che le fonti non accettano di rispondere alle domande, nascondono, occultano, negano, é corretto tentare di aggirare oscuramenti, censure, servizi d’ordine.
Del resto la stessa Cedu, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani, ha più volte ribadito che il cronista può e deve avvalersi di ogni mezzo in presenza di notizie di pubblico interesse e rilevanza sociale. Erano o non erano notizie di pubblico interesse e di assoluta rilevanza sociale? Lo dimostra anche il clamore suscitato in Europa, la presa di distanza di governi e politici, il clamore mediatico suscitato,
per la verità più all’estero che in Italia.
Il documentario ha reso evidente quanto era già stato scritto da giornali e giornalisti, tra questi il Fatto e Paolo Berizzi di Repubblica, da storici come Luciano Canfora, Donatella Di Cesare, Davide Conti, da scrittori come Roberto Saviano, non casualmente colpiti dalle querele bavaglio del governo Meloni.
Siamo oltre il cambio di narrazione, siamo alla negazione, alla cancellazione dei fatti, al tentativo di trasformare il boia in vittima, così il fascista giudica l’antifascista, il mafioso chi lo contrasta, l’inquisito o pregiudicato aspira alla beatificazione.
Non vogliono colpire solo i cronisti, ma espiantare le radici antifasciste della Costituzione.
Per questo anche Articolo 21 sarà in piazza Santi Apostoli a Roma, con tutte le opposizioni, nella speranza che sia solo il primo passo verso la costruzione di un’alleanza politica, sociale, civile e culturale. Nel segno dei diritti, delle libertà, della dignità.
(Da Il Fatto)
(Nella foto il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato)