Quaranta anni fa, il 7 giugno 1984 Enrico Berlinguer è a Padova per la campagna elettorale: di lì a pochi giorni si eleggerà per la seconda volta il Parlamento europeo. Un appuntamento importante anche rispetto alle proposte del PCI relative all’Europa e alle questioni internazionali che Berlinguer aveva costruito attorno alla pace.
“Se vuoi la pace, prepara la guerra”, dicevano certi antenati. E invece io penso come i pacifisti di tutto il mondo di oggi:”Se vuoi la pace, prepara la pace”. (dall’intervista a Enzo Carra, “Il Tempo” giugno 1983).
“La pace, se ha nello sviluppo un suo fattore, è anch’essa fattore di sviluppo. …Il miliardo di dollari al giorno che si spendono per gli armamenti nel mondo (oggi sono 6,7 miliardi ndr) se usato a fini pacifici potrebbe contribuire a mutare il destino dell’umanità intera. … La necessità di un’Europa unita e più autonoma è del tutto evidente … al fine di garantire la presenza sullo scenario internazionale di un grande soggetto operante per la pace oltre che, insieme, per lo sviluppo. (da Critica marxista aprile 1984). (e alla marcia Perugia Assisi 8 ottobre 1983; padre Fortunato ricorda che Berlinguer parlò di Assisi come centro della cristianità francescana e punto di riferimento per le forze e le idee di pace e giustizia nel mondo)
Di questo e di altro sta parlando Enrico Berlinguer quando viene colpito da un ictus. Continuerà a parlare, riuscirà a concludere il suo intervento. Il suo popolo ha capito cosa sta succedendo e gli grida di fermarsi tra lacrime e applausi. Queste le sue ultime parole:
“… Votando Partito Comunista Italiano si contribuisce a portare in Europa un’Italia diversa da quella a cui l’hanno ridotta i partiti che l’hanno governata finora e che la governano tuttora; si contribuisce a portare in Europa non l’Italia della P2 ma l’Italia pulita, democratica, l’Italia dei lavoratori che hanno detto e dicono no al “Decreto sulla Scala Mobile”, l’Italia della grande manifestazione del 24 marzo a Roma, l’Italia delle forze sane della produzione, della tecnica, della cultura, della pace, l’Italia dei giovani e delle donne che vogliono cambiare la società … … E ora compagne e compagni, vi invito a impegnarvi tutti, in questi pochi giorni che ci separano dal voto, con lo slancio di sempre. … Lavorate tutti, casa per casa, azienda per azienda, strada per strada, dialogando con i cittadini … è possibile conquistare nuovi e più vasti consensi alle nostre liste, alla nostra causa, che è la causa della pace, della libertà, del lavoro, del progresso della nostra civiltà!
L’11 giugno 1984 morirà dopo giorni di agonia. Non lo possiamo mai dimenticare. Più passa il tempo e avanza il degrado della politica manca sempre di più, mancano le sue idee i suoi pensieri lunghi in gran parte ancora attuali e necessari. Il funerale di Enrico Berlinguer a Roma il 13 giugno fu grande, di popolo: una moltitudine di persone sinceramente addolorate e preoccupate per la morte di questo uomo, un comunista irripetibile al quale tutti avevamo guardato con fiducia e speranza nel rinnovamento della politica e del Paese, anche chi non aveva mai votato per il suo partito. Il 17 giugno 1984 il P.C.I. è il primo partito con il 33,33%: è il sorpasso della Democrazia Cristiana, che non si era realizzato con le elezioni politiche del 1976.
“Abbiamo tutti pensato non soltanto che era successa una “tragedia politica”, ma abbiamo pensato che la sua morte era per ognuno di noi una disgrazia personale, una perdita personale. Ci siamo accorti che ognuno di noi aveva con lui un rapporto fiducioso e confidenziale, anche se ci eravamo limitati ad ascoltarlo nella folla d’una piazza. Fu un momento in cui, come aveva detto Benigni, “il firmamento bruciava”. La sensazione che “bruciava il firmamento”, in quei giorni, l’abbiamo avuta tutti”. (Natalia Ginzburg).
Di Enrico Berlinguer si ricordano prevalentemente la posizione critica nei confronti dell’Unione Sovietica e “l’ombrello” della NATO, l’intervista curata da Eugenio Scalfari nel 1981 “la questione morale, la degenerazione dei partiti la crisi della politica”: si tratta di importanti elaborazioni. Rilevante la riflessione che porterà alla politica del compromesso storico che origina fin dalla fine degli anni 60 e dai primi anni ‘70 quando lo spirito vitale del Concilio fa sentire la sua spinta propulsiva nel mondo, in Europa e anche in Italia che fino al 1974/75 era l’unico paese democratico del sud Europa.
Contemporaneamente le forze conservatrici/reazionarie reagiscono con ogni mezzo per fermare il rinnovamento che molti fatti annunciano. La teoria degli opposti estremismi inaugurano gli anni delle stragi nere a partire da quella della banca dell’agricoltura a Milano 1969. La nascita delle brigate rosse e gli orrendi assassinii di cui si macchiano.
L’11 settembre 1973 in Cile un violento colpo di stato, sostenuto dagli Stati Uniti, rovescia il governo socialista di Salvador Allende che viene assassinato. Si instaura la feroce dittatura di Augusto Pinochet che durerà fino al 1988: un referendum popolare, un plebiscito che era sicuro di vincere ma che perse con il 42% di sì.
Nelle settimane successive su Rinascita appaiono tre articoli/saggi a firma Enrico Berlinguer (Imperialismo e coesistenza alla luce dei fatti cileni; via democratica e violenza reazionaria; alleanze sociali e schieramenti politici): è la proposta politica e culturale del “compromesso storico”. L’incidente/attentato a Berlinguer di ritorno dalla Bulgaria mentre si sta recando all’aeroporto di Sofia si inserisce in questa situazione. È il 3 ottobre 1973, una settimana dalla pubblicazione del primo saggio. Si può sostenere credibilmente che le posizioni del segretario del più grande partito comunista dell’occidente non piacessero a Mosca ma nemmeno a Washington.
Una settimana dopo il voto del 1976 in Italia, a Puerto Rico si tenne il summit delle potenze occidentali: lì si condizionò il prestito internazionale del Fmi (di cui l’Italia aveva bisogno) al non ingresso del PCI nel governo del Paese.
L’affermazione netta del NO al referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio (12 maggio 1974) evidenzia che grandi cambiamenti sono avvenuti nel pensiero, nel costume, nei valori di grande parte del popolo italiano, credenti e non credenti. La cosa sorprese anche molta parte del gruppo dirigente del PCI.
Nemmeno un mese prima a Genova, 18 aprile 1974, il sostituto procuratore Mario Sossi, titolare di diverse inchieste sulle ali eversive della sinistra extraparlamentare e Pubblico ministero nel processo al Gruppo 22 ottobre, viene rapito dalle ‘Brigate Rosse’: è forse il primo attacco delle BR al cuore dello Stato.
Brescia, 28 maggio 1974: è la strage fascista di Piazza della Loggia.
Il 14 novembre 1974 sul Corriere della Sera appare l’articolo di Pier Paolo Pasolini “Cos’è questo golpe, Io So… Io So…”
Pier Paolo Pasolini il 2 novembre 1975 è assassinato a Ostia.
Le elezioni amministrative del 15 giugno 1975 vedono una netta affermazione del partito comunista che crescerà ancora un anno dopo, il 20 giugno 1976, rendendo impossibile la formazione di un governo senza la partecipazione dei due maggiori partiti: la DC e il PCI che raggiunge il suo massimo storico con il 34,4% dei voti, grazie anche alla scelta di un gruppo autonomo della sinistra indipendente. Al Senato gli indipendenti di sinistra eletti saranno 18: molti i cattolici tra i quali Raniero La Valle, ex direttore del quotidiano cattolico L’Avvenire d’Italia, Mario Gozzini, Giancarla Codrignani, Ettore Masina, Piero Pratesi, il pastore valdese Tullio Vinay). Un’esperienza importante e che lascia segni positivi nell’insieme della società e anche nel lavoro parlamentare: il nuovo diritto di famiglia, la legge sui consultori e quella sulle pari opportunità, la legge sanitaria, la legge 194 “sul valore sociale della maternità e l’interruzione volontaria della gravidanza” e il successivo referendum abrogativo (con la vittoria del NO) e altre ancora. È ministra del lavoro e poi della sanità Tina Anselmi, Presidente della Camera dei deputati Nilde Iotti. Per la prima volta due donne in posizioni di rilievo; Sandro Pertini sarà Presidente della Repubblica eletto l’8 luglio 1978 dopo le dimissioni di Giovanni Leone travolto dallo scandalo Lockheed e dal sequestro e assassinio dell’on. Aldo Moro). Sulla spinta dei movimenti nella società importanti le iniziative per la pace contro gli euromissili USA, i Pershing e i Cruise; quelli dell’URSS gli SS20. Solo nel 1987, con il primo trattato INF siglato da Ronald Reagan e Michael Gorbaciov saranno smantellati.
All’inizio del 1977 Enrico Berlinguer propone, in occasione del convegno degli intellettuali (al teatro Eliseo di Roma), un’inedita riflessione sull’austerità come politica per il cambiamento che sarà sviluppata qualche anno dopo con “la carta della pace e dello sviluppo” (1981) in cui si motiva la necessità di un governo mondiale. Una straordinaria intuizione che non fu colta e forse nemmeno capita dal suo partito.
La campagna “Prima di tutto la pace” stava alla base della necessità di un governo mondiale. Fu considerata dai più la proposta di un visionario mentre era una grande proposta politica anticipatrice, capace di corrispondere all’interdipendenza dei paesi e dei popoli indicando le grandi questioni dell’ambiente, della ricerca, del disarmo e dello sviluppo che possono essere affrontate solo su scala mondiale se si vuole vedere nella giusta dimensione il rapporto tra Sud e Nord del mondo, la lotta alla fame, alla povertà, al sottosviluppo. Tutte cose “fuori moda”: allora e anche oggi.
Il sequestro dell’onorevole Aldo Moro, il massacro della sua scorta il 16 marzo 1978 e la sua uccisione dopo i 55 giorni più tragici e “misteriosi” della storia della Repubblica, interrompono i processi avviati faticosamente.
Non si scelse allora quella politica e non la si scelse nemmeno dopo la caduta del Muro di Berlino, la fine dell’Unione Sovietica e la fine dei blocchi contrapposti: il mondo oggi rischia davvero di finire preda di sè stesso con una comunità internazionale incapace di affrontare i problemi che ci interpellano e che esigono di andare oltre le risposte militari e di guerra. Possiamo oggi riprendere quel cammino? Enrico Berlinguer sarebbe in dialogo con Papa Francesco e condividerebbe i suoi appelli: “fermatevi, chi fa la guerra perde l’umanità” …
In questi giorni venti di guerre spirano ancora più minacciosi a più di due anni dall’aggressione della Russia di Putin nei confronti dell’Ucraina e con le stragi degli innocenti che Israele sta conducendo nei confronti del popolo palestinese (sono ormai 40 mila i morti in prevalenza civili, donne e bambini, in particolare a Gaza), dopo che il 7 ottobre 2023 miliziani di Hamas hanno trucidato più di mille israeliani tra civili e militari e catturato 250 ostaggi. Non si possono più considerare conflitti locali. Sono guerre che possono scatenare una guerra mondiale. Si misurano già due potenze nucleari, la Russia e gli Stati Uniti d’America; in modo diverso è coinvolta l’Europa, anche l’Italia come componente dell’alleanza atlantica (che è l’unica rimasta in piedi dopo il 1989), la Gran Bretagna, uscita dall’Europa è una potenza nucleare come la Francia e la Cina, l’India il Pakistan e la Turchia…). Tutti forniscono armi all’Ucraina che, tramite il suo Presidente, ne chiede sempre di più e sempre più potenti capaci non più solo per la difesa ma anche di attacco. Questa è una strada “bloccata” bisogna tornare indietro e riflettere, come ci insegna anche Norberto Bobbioi. Cessare il fuoco subito e aprire negoziati.
Mentre scrivo di Enrico Berlinguer arrivano i risultati delle elezioni europee di questo 2024: segnalano che un vento di destra percorre l’Europa, anche in Italia con Fratelli d’Italia che sfiora il 29%. La partecipazione al voto sotto il 50% anche se di poco e alcuni segnali invece positivi nel voto confermano che gran parte degli italiani è contro la guerra, per il disarmo e la pace (come si capiva dai sondaggi).
Si è percepito invece che ogni paese e/o grande potenza cerchi di trarre vantaggio da questi conflitti, dal punto di vista geopolitico, di potere e per il controllo delle risorse, invece di costruire un’Europa di pace, la vera potenza; invece di pensare e progettare un nuovo ordine mondiale fondato sulla cooperazione e la solidarietà internazionale. E la solidarietà (dovere inderogabile art.2 della nostra Costituzione) è un valore e una regola di comportamento.
Vorrei concludere questo ricordo di Enrico con un’altra sua idea anticipatrice.
Nell’intervista di Ferdinando Adornato del 18 dicembre 1983, a partire da una riflessione sul libro “1984” di Orwell, Enrico Berlinguer ci regala un altro “pensiero lungo”, una nuova frontiera per la sinistra: la necessità/capacità di coniugare innovazione tecnologica e democrazia.
Ferdinando Adornato:” In una civiltà in cui angoscia e segni di morte sembrano prevalere, ha ancora senso lo slogan del ‘sol dell’avvenir’?
Berlinguer risponde:” Intanto c’è un paradosso: sul sole dell’avvenire oggi discutono più gli scienziati che i comunisti. Infatti uno degli orizzonti che si può aprire nasce proprio dalla possibilità di una piena utilizzazione dell’energia solare. Ecco un modo scientifico di rifarsi ancora all’idea del ‘sol dell’avvenir’!
Nella stessa intervista aveva raccontato di una sfida tutta politica e di “modernità”, che non era riuscito a organizzare: aveva ipotizzato un grande convegno di Futurologia che affrontasse non solo i problemi dell’economia ma l’insieme delle questioni del futuro. “… pensavo a un convegno che mettesse insieme studi e analisi di ambiti diversi: le scienze fisiche, chimiche, biologiche, antropologiche, demografiche, informatiche, mediche … un convegno che guardasse al futuro anche con un po’ di fantasia ma sempre sulla base delle acquisizioni e previsioni delle varie scienze. Ritengo un errore non esserci arrivati … anche perché c’è chi ha interesse a farci “convivere” col rischio perenne della guerra della distruzione totale impedendoci di vedere che la guerra si può sventare ma che si può già oggi vivere in modo diverso. … È importante impadronirsi della conoscenza a tutti i livelli … per definire politiche adeguate a stimolare, orientare, controllare e condizionare le innovazioni in modo che non siano sacrificate esigenze vitali dei lavoratori e dei cittadini …”
i Ma noi, uomini, siamo mosche nella bottiglia o pesci nella rete? …Forse né l’uno né l’altro…ma la condizione umana può essere rappresentata con una terza immagine, quella del labirinto: chi entra in un labirinto sa che esiste una via d’uscita, ma non sa quale delle molte vie che gli si aprono innanzi di volta in volta vi conduca. Procede a tentoni. Quando trova una via bloccata torna indietro e ne prende un’altra…Bisogna avere molta pazienza, non lasciarsi mai illudere delle apparenze, fare un passo per volta…. La caratteristica della situazione del labirinto è che nessuno sbocco è mai assolutamente sicuro e, quando la strada è giusta…non è mai lo sbocco finale… (da Il problema della guerra e le vie della pace Norberto Bobbio – Il Mulino 1979 la prima edizione che contiene una lezione del 1966; ci sono state altre tre edizioni: 1984, 1991,1997, con prefazioni aggiornate)