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“Giacomo Matteotti è vivo”, l’intervento di Vincenzo Vita alla commemorazione istituzionale sul lungotevere

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Si è tenuta a Roma, sul Lungotevere Arnaldo da Brescia, davanti al monumento a lui dedicato, la cerimonia istituzionale dedicata ai 100 anni dall’uccisione di Giacomo Matteotti. Erano presenti le vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Licia Ronzulli, nonché per il Presidente della Regione Lazio Antonello Aurigemma e il Sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Il tutto è stato coordinato dalla Fondazione intitolata al martire socialista. Ha preso la parola anche Vincenzo Vita, di cui si riporta l’intervento. Il nome è la cosa. Basta un cenno della voce e il nostro immaginario percorre momenti di storia cruciali, incuneandosi nella stagione in cui venne a crescere l’orrenda ondata nera del fascismo. E Giacomo Matteotti, socialista rigoroso, riformista e mai domo pagò con la sua vita l’opposizione ad un regime dispotico e sanguinario, che da troppe parti venne sottovalutato. Matteotti capì per tempo e non ebbe esitazioni, persino distinguendosi da componenti socialiste che non credevano quanto Mussolini fosse un reale pericolo, e non già una degenerazione sanabile o transeunte. Non esitò Matteotti, segretario del maggior partito della sinistra e giornalista impegnatissimo, a polemizzare persino con Filippo Turati a proposito di un articolo, per un’intransigenza rigorosa e non negoziabile. Rifuggiamo, dunque, da retoriche e luoghi comuni, che accedono persino ad una malvagia narrazione, in base alla quale il movente dell’omicidio non fu politico, bensì il frutto di qualche annunciata rivelazione sui traffici del governo e della famiglia del Duce. Sì, certamente un giornalista di inchiesta con la schiena dritta era entrato nei meandri segreti del potere. Tuttavia, l’uccisione fu un delitto premeditato con un manipolo di sicari orchestrato da Benito Mussolini. Fu un vero e proprio delitto di Stato. Ed è il momento, proprio in occasione del centenario della morte di Matteotti, di ritornare sul rapporto con Antonio Gramsci. Troppo semplicisticamente si è tramandata una vulgata insidiosa e settaria, lontana per scelta da una positiva riconsiderazione dei motivi della scissione di Livorno e delle pur astiose polemiche tra socialisti e comunisti. Gramsci gridò all’eroismo di Matteotti e non può portarci fuori strada la definizione di “pellegrino del nulla”, incomprensibile se letta fuori dal contesto e coniata originariamente -tra l’altro- per il nazionalista tedesco Albert Leo Schlageter, morto nella Ruhr perché resisteva agli invasori francesi dimostrando molto coraggio. Un sogno ci accompagna: un incontro chiarificatore tra due giganti del pensiero, della teoria e della prassi in qualche parte del cielo, in the Sky. Comunque, è da insegnamenti così importanti che traiamo forza e volontà di resistere oggi alle tendenze in corso, ancora una volta colorate di tante sfumature di nero. Matteotti divenne il nemico numero uno del fascismo e la maniera giusta di rendergli omaggio è di moltiplicare l’impegno antifascista, applicandolo alla realtà odierna. Il fascismo è mutevole e si ripresenta sotto spoglie diverse nell’apparenza, ma in sostanza connesse al fascismo eterno che ribolle nei bassifondi delle culture di massa. Grazie sempre Giacomo Matteotti: quell’orribile delitto ti ha reso immortale. E la memoria, almeno quella, è un piccolo doveroso risarcimento”.


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