C’è un’Italia che resiste

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Quella piazza piena ha significato soprattutto una cosa: c’è un’Italia che vuole resistere al declino democratico e che chiede ai partiti di opposizione unità. E’ la parola che è risuonata più a lungo, pronunciata, urlata da chi era a Roma a Piazza Santi Apostoli. Un forte richiamo alla responsabilità politica dei partiti che compongono lo schieramento di opposizione. Solo uniti si vince, solo uniti è possibile mettere insieme chi dice “no” al tentativo di piegare la Costituzione all’idea di una democrazia dimezzata.
PD, M5S, VS devono, e possono farlo, intercettare la volontà di chi vuole opporsi all’ Autonomia Differenziata, allo “Spacca Italia”; intercettare chi vede nella riforma che potrebbe portare al premierato il rischio del restringimento degli spazi di democrazia parlamentare, il rischio dell’indebolimento del ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica; intercettare anche lo scoramento dei troppi che hanno deciso di non andare più a votare.
C’è una larga parte del paese che ha capito. Ha capito che dietro gli slogan di propaganda del Governo Meloni si nascondono due obbiettivi: regalare alla Lega il Nord creando un’Italia a due velocità e riscrivere la Costituzione plasmandola all’idea “gelliana” di un premier solo al comando e con poteri pressoché assoluti.
La democrazia italiana corre un rischio altissimo. Decenni di equilibri istituzionali potrebbero essere spazzati via con un colpo di spugna per la volontà di un partito, FdI, che la Costituzione non l’ha scritta perché i suoi fondatori erano repubblichini di Salò.
I segnali dell’idea di società e di paese che questa maggioranza di estrema destra coltiva emergono già chiaramente. Per esempio, nel controllo dell’informazione del servizio pubblico. In Rai scompaiono le voci critiche, l’ultima in ordine di tempo quella di Serena Bortone. E scompaiono le notizie. Con poche eccezioni il ritratto del paese non è più tracciato dai giornalisti con il loro lavoro, ma dai comunicati stampa in video, trasmessi ad ogni edizione e in alcuni casi in versione integrale.
Quella piazza di Roma può diventare ancora più grande. E più piena. E sventolare i tricolori. Perché sventolarli non significa provocare. Significa ricordare ai patrioti per finta, ai nazionalisti che guardano al riarmo, ai fautori della divisione del paese per ricchezza e stato sociale che l’unità del paese è la base della nostra democrazia. Ed è anche la base per una ripartenza della politica, una politica che rivendichi giustizia sociale, lavoro, diritto alla salute e difesa della Costituzione.


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