La domenica del 1° settembre 2013, all’Angelus, papa Francesco fece riferimento al terribile massacro di civili siriani, uccisi nel sonno – comprese moltissime donne e tanti bambini – da un attacco con gas sarin. Ebbe a dire: «Con particolare fermezza condanno l’uso delle armi chimiche! Vi dico che ho ancora fisse nella mente e nel cuore le terribili immagini dei giorni scorsi! C’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire!».
Da oggi, spero che la fuga da quel giudizio della storia per Bashar al-Assad stia finendo, perché c’è una decisione della Corte d’Appello francese che convalida la richiesta della magistratura d’oltralpe di spiccare un mandato d’arresto contro il Presidente siriano. Un giudizio storico finalmente viene formulato. Ad Assad, infatti, viene imputata la responsabilità del massacro chimico della Ghouta, che sul finire del mese d’agosto del 2013 fece un numero elevatissimo – e mai accertato definitivamente – di vittime: persone umane uccise nel sonno, civili inermi, a migliaia!
Possiamo parlare apertamente di crimine contro l’umanità. Nella sanguinosa storia dei satrapi mediorientali ha un solo precedente: il massacro dei curdi compiuto dagli armati di Saddam Hussein il 16 marzo 1988 ad Halbja.
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Il mandato d’arresto internazionale di Assad era stato richiesto a novembre, ma la procura antiterrorismo francese aveva fatto ricorso contro la decisione del tribunale, sostenendo che Bashar al Assad godeva di una immunità personale riconosciuta ai Capi di stato in carica, e che questa potesse essere revocata solo per effetto di procedimenti internazionali, come quelli, più noti, della Corte penale internazionale.
La Corte d’Appello francese non ha accolto la richiesta. Ma è molto interessante rilevare che proprio la magistratura francese dedita all’antiterrorismo abbia cercato di immunizzare chi il terrorismo di Stato lo ha praticato e lo pratica tuttora.
Questo mi conferma nei discorsi che mi faceva padre Paolo Dall’Oglio riguardo alle caratteristiche dei conflitti mediorientali, con immischiati pezzi dei servizi segreti di mezzo mondo, figure di narcotrafficanti e di mercanti d’armi e di esseri umani, a formare «un’oscura cloaca», maleodorante, fatta apposta per distogliere e deviare. Ora può darsi un ricorso in Cassazione? Non so, non lo escludo. Ma spero proprio di no.
Per curiosa coincidenza della storia, la decisione della Corte è stata emessa nelle ore in cui si avviava a conclusione la visita del cardinale Segretario di stato, Pietro Parolin, in Libano. Come ho riportato in questi giorni, Parolin, in Libano, ha ribadito – tra gli strepiti di molti – che il Paese «deve rimanere un messaggio», per il Mediterraneo e per il mondo. Quelle parole – lo ricordo – hanno fondato il magistero mediorientale di Giovanni Paolo II e l’avvio del dialogo interreligioso animato dallo «Spirito di Assisi», dal luogo, altamente simbolico, in cui Giovanni Paolo II levò la sua famosa preghiera per la pace, alla quale chiese di unirsi – con parole diverse o col silenzio – a tutti i leader religiosi del mondo.
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Lo Spirito di Assisi, in Medio Oriente, può essere altrimenti detto Grande Libano, ossia il Paese che unisce, nella stessa nazionalità, gli appartenenti alle numerosissime comunità di fede presenti, non solo in Libano, ma in tutto il Medioriente: cosa ben diversa dallo stato-ghetto dei cristiani di lì pensato dal colonialismo francese.
Il Grande Libano – così inteso – è la ‘bestia nera’ degli Assad, e della loro «Grande Siria», paradigma inverso, che assorbe in sé, sotto il loro governo tribale, tutti i territori che vanno dall’attuale regno di Giordania sino al sud dell’odierna Turchia, sino al Mediterraneo: Libano compreso, ovviamente.
Nella Siria degli Assad non si dà l’incontro tra Comunità, bensì il convegno dei Capi delle tribù al servizio del clan famigliare del Presidente. Questa è la visione di un mondo che si definisce sul termine “uno”: un partito, un capo, una volontà.
In nome dell’assolutismo centralista e clanico ereditato dal padre, Bashar al-Assad ha commesso i crimini più orrendi. Non a caso ha ricevuto la presidenza della Repubblica Araba Siriana: questa la denominazione presa da Hafez al-Assad, benché non di soli arabi sia fatta la popolazione siriana, ma anche, ad esempio, di tanti curdi. Ma se Assad padre – con la ferocia repressiva del suo sistema di potere – seppe fare del suo Paese l’ago dell’equilibrio tra grandi soggetti in conflitto (Turchia, Sauditi, Iran e altri): suo figlio, l’ago, lo ha semplicemente orientato al crimine di Stato organizzato.
Ha creato una cupola affaristico-repressiva che, ai primi germogli della cosiddetta primavera siriana, ha emanato tutto il male possibile, sfruttando l’afflusso dei terroristi islamisti, prima per impantanare gli americani in Iraq, poi per legittimarsi agli occhi di uno stralunato Occidente, quale ipotetico «male minore», accanto all’alleato russo (Putin).
Così – quella strage di Stato della Ghouta – è stata presentata, sino ad oggi, anche dalle nostre parti, come un’autopromozione degli insorti – da classificarsi tutti terroristi – perché, per screditare il regime e ingannare il mondo – non avrebbero esitato a uccidere i loro fratelli. Falso!
È il capovolgimento della storia, ora, ad essere rivelato, nonostante tutto, dalla magistratura francese, che non se la prende più con le vittime, ma punta dritto l’indice al carnefice.
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Ecco, appunto, la coincidenza, delle stesse ore, tra la divulgazione della buona notizia da Parigi e la accorata invocazione del Grande Libano da parte del cardinale Parolin: questa ancora segnala che un’altra strada è sempre possibile; un altro mondo arabo è possibile se il modello di centralismo dispotico – di ispirazione napoleonica, non dimentichiamolo – viene soppianto dal modello del vivere insieme da fratelli e sorelle in umanità.
Penso che – particolarmente in questo giorno – dovremo ricordare i cristiani che si sono rifiutati di fare da stampelle al sistema totalitario di Assad e, per questo, sono stati uccisi per strada, alla luce del sole di Beirut: ricordo il grande intellettuale Samir Kassir, l’editore di qualità Gebran Tuéni, il coraggioso sindacalista (comunista) Georges Hawi, la giornalista – sopravvissuta miracolosamente – May Chidiac, il ministro Pierre Gemayel e altri ancora. Il mandato d’arresto spiccato da Parigi, in un certo qual modo, parla anche di loro, delle vittime della stessa mano omicida, nel nome dello stesso disegno totalitario.
Se tutto questo è vero – e lo è – ci dovrebbero essere anche evidenti conseguenze politiche, arabe ed europee.
Ma per quanto attiene al mondo politico arabo d’oggi, è fuor di dubbio che, quasi unanimemente, Assad sia riammesso nel salotto buono: dopo esserne stato espulso, ora partecipa ai summit della Lega Araba, e molte ambasciate arabe hanno riaperto i battenti a Damasco. Certo, in cambio gli hanno chiesto di fermare il commercio mondiale della droga sintetica di cui è il grande produttore – il captagon – con cui sta invadendo il Medio Oriente, stringendo alleanze con importanti cartelli di narcotrafficanti. Ma non l’ha ancora fatto, anzi, ha ulteriormente incrementato il mercato, con l’ingresso sulla scena di nuove droghe sintetiche.
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E l’Europa? Vogliamo un po’ guardarci dentro? Ormai sappiamo come il numero impressionante di siriani che Assad ha fatto scappare, se non deportato, ad esempio, in Libano – quali «sudditi infedeli» – oggi sono ingestibili per il Paese. Il Libano – a causa della politica di Hezbollah – è al collasso. La gente del Libano, comprensibilmente, vorrebbe che i siriani tornassero al di là del confine da cui sono arrivati. Ma i siriani – sapendo bene cosa li aspetta – non vogliono tornare ad una casa che non c’è. Non lo faranno mai. Meglio, per loro, piuttosto, tentare la fuga in Europa, via mare (rotta mediterranea) o via terra (rotta balcanica), da irregolari, da disperati. Questo inquieta la Grecia, Cipro, la Romania… e l’Italia.
E Assad? Si sussurra che stia pensando ad un accordo di scambio, sulla via della riabilitazione piena: a tutte le diplomazie occidentali proporrebbe di riaprire le sedi diplomatiche a Damasco e allora lui farebbe tornare i profughi in patria. Per farne cosa? Alle ambasciate importa?
Ecco: la decisione della giustizia francese interviene in modo opportuno, proprio ora. Mentre qualcuno, in Europa, pensa a negoziare con Assad, arriva l’Interpol con la sua richiesta d’arresto, da parte francese. Per un crimine orrendo: contro l’umanità!
(Da Settimananews.it)